sabato 29 dicembre 2012

Educare? forse meglio scambiare!

Tante volte rimaniamo per molto tempo ad osservare un neonato.Ogni sua espressione, ogni suo movimento è per noi meraviglia e stupore Quel piccolo essere stimola la nostra curiosità e risveglia l'ansia del mistero  della nostra origine

venerdì 21 dicembre 2012

Il bambino l'insegnamento e la tecnologia



Ho gettato il sassolino “della scienza” , nello stagno degli adolescenti(12/16 anni) in alcune scuole pubbliche del comune e della provincia di Firenze. I cerchi di ritorno fitti , fitti hanno cancellato lo stagno.

martedì 18 dicembre 2012

Il cervello poliglotta e l'apprendimento delle lingue

La comprensione e l’espressione di due o più lingue utilizza aree e meccanismi celebrali funzionalmente separati e indipendenti, alcuni dei quali maturano già prima dei sei anni di età

Si calcola che circa il 50 per cento della popolazione mondiale utilizzi un’altra lingua oltre a quella materna; eppure la capacità di parlare due o più lingue è stata a lungo considerata un’abilità particolare, posseduta da ristrette, e in genere colte, cerchie di individui. Questa valutazione può dipendere da almeno due ragioni. In primo luogo dal fatto che, intermini evoluzionistici, le lingue sono fenomeni che, mentre creano omogeneità di comunicazione all’interno dello stesso gruppo, fanno sorgere barriere tra gruppi diversi. Dunque, mentre la conoscenza di lingue «prestigiose» (peresempio, l’italiano nel Rinascimento, il francese nell’Ottocento o l’inglese al giorno d’oggi) è motivo di vanto, la conoscenza di una lingua ritenuta meno «importante» o parlata in comunità ostili può addirittura essere negata. In secondo luogo, i vari codici di comunicazione linguistica sono sempre stati classificati in categorie arbitrarie (lingua,dialetto, idioma, parlata e così via) che hanno a che vedere più con fattori sociopolitici che linguistici. Per usare le parole del celebre linguista Noam Chomsky, la lingua differisce dal dialetto unicamente per il fatto di «avere alle spalle una bandiera e un esercito». Una tassonomia su base empirica suggerisce di considerare come bilingui i soggetti che comprendono e parlano due lingue – ma anche due dialetti o una lingua e un dialetto – poliglotti coloro che sono in grado di parlare combinazioni di almeno tre lingue o dialetti. Questi soggetti sono in grado di mettere in atto una netta separazione fra i differenti sistemi  linguistici da loro padroneggiati. Per esempio, un bilingue sardo-italiano può esprimersi adeguatamente solo in italiano in certe occasioni, e solo in sardo in altre, senza mescolare queste due lingue. In questo articolo, la principaledistinzione viene fatta tra coloro che parlano una sola lingua e i bilingui, assimilando a questi ultimi i poliglotti per ragioni di semplicità.

Una classe della scuola elementare islamica istituita a Brent, a nord di Londra, per venire incontro alle richieste della comunità locale. Si calcola che almeno metà della popolazione mondiale debba utilizzare una seconda lingua oltre a quella materna, ma pare che solo un apprendimento molto precoce consente di padroneggiarla completamente

sabato 15 dicembre 2012

Violenza sulle donne:famiglia e scuola è emergenza educazione emotiva

C'era una volta una bambina molto piccola, ancora aggrappata alla mamma perchè le sue ali emotive non erano pronte per volare bene nella comunicazione.
La mamma non potè aiutarla a tenersi agrappata , mentre le ali emotive si rinforzavano e la bambina cadde giù e diventò una preda
 .Prima o poi un predatore l'avrebbe trovata e la bambina prima di  crescere sarebbe stata eliminata
,Qualcuno gridò: raptus, gelosia, amore possessivo...
No! solo per " l' ordine emotivo infranto" (Ledoux) più  prede e  predatori.


Dott.ssa Adriana Rumbolo

giovedì 13 dicembre 2012

Un cervello nella pancia

L'apparato digerente è tappezzato da milioni di cellule nervose, che dialogano con le «colleghe» della testa. Così bruciori di stomaco e colite sono connessi a stress e sbalzi d'umore

I due cervelli


Prof.ssa Vittoria Menga'97-'98




Quelli che, come me, appartengono alla generazione dei cinquantenni, sanno che nelle scuole che noi abbiamo frequentato gli studenti non erano protagonisti. Allora era normale che fosse così e nessuno lo considerava un problema. Poi venne il sessantotto e conquistammo il diritto di assemblea
 Certo, era importante, ma nelle classi gli equilibri non furono modificati e fu necessario arrivare agli anni novanta per tematizzare l’importanza del protagonismo giovanile nella scuola. Proprio in quel periodo io, ormai insegnante, cominciai a sperimentare i nuovi progetti: “progetto giovani”, “progetto accoglienza”, “progetto genitori”, “progetto educazione alla salute”. L’istituzione dei C.I.C. (Centri di Informazione e Consulenza) con sportello a richiesta dello studente, gruppi di discussione, cineforum e gruppi di auto-aiuto, fu una innovazione significativa che cercò di far entrare nella scuola italiana parole nuove e nuovi comportamenti. Si teorizzava che bisogna “star bene a scuola” e sta bene con se stessi. Era qualcosa di veramente rivoluzionario, perché fino a quel momento “scuola” era stato sinonimo di compiti, interrogazioni, promozioni e bocciature. Nient’altro.Le cose non accadono mai per caso
Le cose non accadono mai per caso ed anche queste trasformazioni erano sollecitate da problemi scottanti cresciuti insieme alla società e alla scuola di massa: il problema della dispersione scolastica (molto alta soprattutto nella scuola superiore) e quello della diffusione e dell’uso di droghe, leggere e non, presso i giovani, con il rischio di contrarre anche malattie gravi come l’AIDS. Il vento nuovo portò molto entusiasmo e fu accolto da alcuni insegnanti come il superamento di una dimensione di autoreferenzialità del sistema scolastico, che non era più compatibile con i tempi. Fu allora che iniziai ad organizzare corsi di educazione sessuale, di educazione teatrale, di educazione alimentare, educazione alla legalità, educazione stradale, collaborando con operatori e specialisti esterni che finalmente potevano entrare nella scuola. Così conobbi la dottoressa Rumbolo e collaborai alla realizzazione di un corso che inizialmente si rivolgeva alle mie classi, ma poi abbracciò tutte le classi del biennio dell’Istituto, il titolo del corso era “Conosci te stesso”.
Il taglio metodologico che la dottoressa Rumbolo ha voluto privilegiare, e che io stessa ho condiviso, è stato quello di offrire agli studenti uno spazio di riflessione e di discussione sulle tematiche dell’affettività e della sessualità, ponendo al centro dell’attenzione e dell’analisi la personalità. L’ “alfabeto dei sentimenti”, infatti, non trova spazio nel bombardamento informativo di cui sono fatti oggetto i giovani d’oggi e il problema di un educazione sessuale si pone non tanto in termini di informazione scientifica e più o meno completa, quanto come possibilità di una maturazione graduale legata a riflessioni ed esperienze personali, originali e perciò uniche. Come proteggere e rispettare questa unicità da un sapere che oggi tende ad essere sempre più standardizzato? Questa è la scommessa che si è giocata nel corso tenuto dalla dottoressa Rumbolo – e a mio parere non è stata persa.Il dialogo educaivo è stato aperto al contributo di tutti e ognuno ha   potuto parteciparvi a misura delle proprie caratteristiche e delle proprie esigenze.Gli studenti sono stati molto attivi ed hanno alimentato un dibattito ricco e costruttivo.I "poeti" della classe hanno espresso i loro sentimenti attraverso le poesie, gli "artisti" hanno preparato cartelloni con disegni, scenette, dialoghi a fumetti.I "letterati" hanno manifestato nei temile loro opinioni.Le tematiche proposte sono state numerose.Provo a darne qui di seguito una breve panoramica: l'autostima, il mondo delle emozioni, la ripartizione fondamentale della psiche secondo  Freud,il sistema nervoso e il sistema neurovegetativo, la dipendenza affettiva, il giudizio, il senso di colpa, il narcisismo e l'amore di sè, la seduzione, il desiderio, il corteggiamento, il tempo di latenza, pregiudizi e gelosie, l'autonomia nella coppia, le diseguaglianze sociali tra maschi e femmine,il sessismo nel linguaggio, il maschilismo, la donna-oggetto dei mass-media, il blocco delle emozioni e i disturbi psico-somatici, sesso senza amore, sesso e amore, i tempi del rapporto sessuale, il rispetto della diversità, l'ansia da prestazione, la depressione, la disponibilità verso gli altri e i meccanismi di difesa, il sottile confine tra gioco e violenza, l'aggressività repressa e le sue conseguenze,l'importanza delle coccole, emozioi e creatività la paura dell'abbandono, dimensione ludica ed erotismo, l'idea di bellezza non come assoluto ma come criterio storicizzabile, la buona sessualità(gioco, abbandono e fiducia), la sessualità precoce e i modelli della nostra società.Inoltre è stato realizzato,durante il corso, un costante collegamento con le tematiche più strettamente scolastiche vicine alle esperienze degli studenti. Un esempio significativo è stato quello dell'accostamento della cultura greca, e in particolare  dell' analisi dei caratteri apollineo e dionisiaco, al discorso delle emozioni e sulla razionalità:gli studenti hanno disegnato Dioniso e la danza delle baccanti.Sulla seduzione si è fatto riferimento alla Locandiera di Goldoni.Sulla creatività e sui sentimenti si è fatto riferimento a poeti come il Leopardi.In conclusione credo che la curiosità degli studenti sia stata opportunatamente sollecitata da questa esperienza.Dopo questa esperienza la mia collaborazione con la dott.ssa Rumbolo è proseguita nel progetto del P.I.A. (Piano integrato di area ),di cui si era dotato il comune nel quale lavoro, Scandicci, subito dopo l'approvazione della legge sull'obbligo scolastico relativo alla prima classe delle scuole superiori. Nella nuova situazione creata dall'obbligo, l'intervento nelle classi subì una sostanziale modifica.La priorità diventava quella dell'orientamento dello studente, che avrebbe dovuto consolidare nel primo anno la propria scelta scolastica oppure prendere coscienza di avere esigenze diverse usufruendo così delle "passerelle"per cambiare indirizzo di studio. Il  di orientamento puntò allora a far emergere le caratteristiche delle diverse  personalità presenti nel gruppo classe, non solo per rafforzare l'autostima di ognuno, ma anche migliorare il clima della classe, favorire il dialogo,il rispetto reciproco e la tolleranza delle diversità.La difficoltà  che emergeva era quella di garantire a tutti gli studenti la possibilità di esprimersi liberamentee diessere accettati dalgruppo. Le attività svolte in classe miravano a far sviluppare atteggiamenti collaborativi anche in casi di "bullismo" o di leaders negativi.Tutto ruotava attorno alle emozioni e questo divenne il terreno privilegiato su cui si sviluppò questa esperienza di orientamento.Attraverso scenette, deammatizzazioni, disegni o "verbali" sintetici alla fine della discussione in classe, gli studenti ebbero la possibilità di approfondire tematiche come quelle della paura, della gelosia, dell'aggressività, della simpatia ecc.Ma ciò che considero rilevante in termini relazionali è l'effetto che queste attività ebbero sul gruppo classe.Scoprimmo che alcuni equilibri potevano essere modificati:situazioni di demotivazione, incomprensioni tra compagni di classe o tra gli studenti e gli adulti di riferimento(genitori e insegnanti ), pregiudizi nei confronti di gruppi dimaterie, blocchi emotivi e relazionali.A me questa esperienza è sembrata un'occasione preziosa per dare finalmente diritto di cittadinanza ai sentimenti, che nella scuola sono sempre stati clandestinizzati, mentre un'educazione sentimentale ed emozionale si mostra, ogni anno che passa, sempre più utile e, direi, sempre più urgente,in vista non solo del raggiungimento del successo scolastico da parte della fascia più  debole della popolazione studentesca, ma soprattutto in relazione all'esigenza di favorire la crescita umana e morale degli adolescenti, coniugando la trasmissione dei contenuti culturali con la condivisione di un sistema di valori e con la formazione di una coscienza critica.Ogni giorno dagli articoli e dalle lettere apparse sui giornali viene la richiesta alla scuola di non essere "sorda" a ciò che avviene nella società.Quale modo è più efficace, per tendere l'orecchio verso il mondo,che quello di uscire dai programmi scolastici tradizionali?Mi spiego.Oggi lo si fa inventando una miriade di progetti e progettini che vanno sotto il nome di "innovazione".Ma non è questo il"nuovo" di cui c'è bisogno.Non si tratta di aggiungere al vecchio, con un effetto somma alla fine soffocante.Si tratta invece di avere un occhio nuovo con cui guardare  alla tradizione e anche al presente.La vecchia diatriba relativa al Manzoni non ha senso.Il problema non è se leggere o no I Promessi Sposi a scuola, semmai, leggendo la storia di Gertrude, si tratta di cogliere l'occasione per parlare dei rapporti in famiglia, per entrare nl vissuto di ognuno, per confrontare passato e presente e magari approfittare anche un'incursione nel nuovo diritto di famiglia del ?75 e saccheggiare la cronaca, sempre ricca di spunti su temi come questo.Allora gli orizzonti si dilatano naturalmente, senza forzature, e ciascuno può trovare l'angolatura che gli è più congeniale per cogliere rilevanze e differenze, per provare curiosità e per dare il proprio  contributo originale.
Prof.ssa Vittoria Menga

domenica 2 dicembre 2012

Il re è nudo!

La frase deriva da una fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen il cui titolo originale è "Keiserens Nye Klæder", ma ke in italiano diventa "I vestiti nuovi dell'imperatore".

Miracolo a Milano

Dei poveri barboni rubano delle scope per volare in un luogo dove finaalmente"Buongiorno vuol dire Buongiono"