mercoledì 10 maggio 2017

La comunicazione interrotta


Cammino per la strada e mi fermo davanti alla grande vetrina di una libreria;lo faccio spesso.

Quel giorno rimango come folgorata dal titolo di un libro.

Il libro del grande Damasio è "Emozione e Coscienza"-Brain and Creative Institute-University of Callifornia, Adelphi

La parola emozione per la prima volta mi appare spudoratamente nuda.

Tante volte l'avevo sentita nei romanzi, nei films, nelle storie ma,  mai così protagonista .

Fisso a lungo quel titolo, poi proseguo nella mia passeggiata.

Nei giorni seguenti ritorno ancora davanti a quella libreria e riguardo a lungo quel libro dalla copertina austera dove per la prima volta la parola emozione non appartiene solo a una storia degli altri,ma appartiene anche a me e a chiunque legga quel titolo.

Era considerata una parola non molto importante perché esprimeva debolezza , fragilità, mancanza della supremazia del ragionamento.

Dopo qualche mese comprai il libro.

A casa cominciai subito a leggerlo e anche se in molti punti c'erano riferimenti scientifici , era molto comprensibile,

I grandi ricercatori quando vogliono comunicare con molte persone adottano uno stile di grande semplicità e chiarezza

. Damasio, poi oltre ad essere un grande scienziato, scrive veramente molto bene.

Dalle prime pagine un ricordo: quando a scuola facevo una composizione e l' insegnante mi dava un voto basso rimanevo molto dispiaciuta perché pensavo che lui o lei non avesse capito bene quello che io avevo scritto. e la mia autostima non si rafforzava.

Ora io capivo :c'erano delle un'interruzioni di comunicazione, quello che io volevo veramente esprimere non arrivava all'insegnante per l'uso non corretto delle emozioni sostituito da ferraginose prolissità

Noi possiamo sentirle le emozioni, ma a volte non riusciamo a comunicarle bene

In quel momento ho ricordato tante mie esperienze che erano caratterizzate da questa interruzione di comunicazione e ho subito pensato che era urgente portare queste informazioni nella scuola

. Mi sono rivolta agli adolescenti.
Sapevo che arrivavo con ritardo ma era un tentativo che bisognava fare e augurarsi che qualcuno pensasse già ai più piccoli perché sappiamo che le emozioni sono già nel neonato, nel pancione della mamma-
dott.ssa Adriana Rumbolo

mercoledì 3 maggio 2017

Quando?

Spesso nei documentari o anche in un piccolo giardino capita di osservare una mamma gatta che dopo avere accudito i suoi piccoli per circa tre mesi con tanta tenerezza,nutriti a costo della sua vita  prima con il suo latte e piano piano con  piccole prede,all'improvviso si allontana, scompare.
I cuccioli rimasti senza mamma i primi tempi piangeranno, saranno smarriti ma poi piano piano ognuno col proprio carattere inizierà la sua vita sempre più indipendente,  sempre più autonoma.
La mamma non tornerà  mai più indietro;  se nei primi giorni dopo la nascita i cuccioli avessero pianto o avessero reclamato la sua presenza lei avrebbe fatto di tutto per tornare a calmarli a leccarli a pulirli a nutrirli , ma ora, no
Anche noi siamo mammiferi ma tutto il percorso sociale nel corso dei secoli ha confuso le nostre idee appesantito il processo educativo di nozioni,  la famiglia è còmplessa  e la madre non sa più quando può distaccare e distaccarsi da suo figlio regalandogli la sua autonomia con serenità da parte di entrambi.
 Spesso continuiamo a vestire i bambini quando già saprebbero fare da soli, siamo pronte a preparare la merenda anche se lo potrebbero fare da soli sbuffando gli mettiamo a posto la camerina sapendo bene che con tono deciso otterremmo un buon risultato
Se c'è qualcosa che non va minacciamo anche di riferire tutto al padre ma dopo cinque minuti l'abbiamo dimenticato e diciamo , con il crescere migliorerà
E lui  invece peggiorerà e si abituerà che tutto gli è dovuto e qualche volta odierà
 quella protezione affettuosa così interventista .perchè avverte che potrebbe avergli  fatto perdere un appuntamento importante del suo percorso
Se si osserva a lungo un/una/ bimba nei primi mesi della sua vita si percepirà come  la sua mente il suo corpo è stato/a  programmato e tanti esercizi ripetitivi   preparano il soggetto a realizzare  un particolare gesto con precisione.
Un bambino non impara a camminare da un giorno all'altro se lo osserviamo bene
. Prima fa tanti esercizi  con le gambine nel suo box,  tanti mesi li passa a camminare a gattoni e poi un giorno con nostra grande sorpresa si alzerà e comincerà i primi passetti traballanti
. Questo è il segnale che la parte scheletrica, la parte muscolare , la parte nervosa del bambino sono pronte per fare quei movimenti   solo lui sente quando è il momento.
Guai se fossimo intervenuti
 Se noi avessimo accelerato l'inizio del camminare o l'avessimo ritardato non avremmo fatto altro che disorientarlo.
E' importante  tutelare i bambini dai pericoli ma smettiamola con la famosa   frase "il mio bambino" riferito a soggetti di 12, 13, 14 ,15 anni . 
 Dovrebbero arrivare due aiuti fondamentali: l'ambiente dove il bambino può esplorare,  può muoversi stare in compagnia dei coetanei e fare tutte quelle piccole esperienze per le quali la natura l'ha già preparato e la scuola se tante  cose cambiassero e in fretta -
Già la Montessori fece una grande scoperta quando capì che se vogliamo assecondare l'autonomia di un bambino anche l'ambiente intorno deve essere alla sua misura , ma non riusciamo a trovare quel momento giusto per l' abbandono
Fra il bambino e la  mamma c'è una radice profonda  cresciuta dentro di loro  e quando lei lo nutrirà in una simbiosi quasi impossibile da pensare,  ' la società non la proteggerà in quei momenti preziosi per la modulazione emozionale,  anzi purchè la mamma torni al lavoro presto  già a tre mesi il nido è pronto ad accoglierlo-
La famiglia è ormai ridotta a pochi soggetti disponibili, ,  nella scuola un bambino troverà una mamma sostituta e dei coetanei non sappiamo fino a che punto il primo distacco  così precoce sarà quello giusto lo sapremmo fra tanti anni quando non sarà più possibile fare niente
 Soprattutto il maschio ha con la mamma  un  rapporto  difficilissimo  da interrompere se non  con conseguenze gravissime.
 E allora si dà la colpa alla mamma.: è stata troppo tenera, è stata troppo dura, doveva essere più previdente,  più saggia ma allora perchè non  insegniamo alla mamma fin da piccola che quel bambino che nascerà  ha come lei il diritto di andarsene, di allontanarsi con i ricordi più dolci e affidabili dell'infanzia e lei il diritto di fare altre cose?
E se una bimba non si sentirà amata e accettata dalla propria madre crescerà elemosinando affetto in una condizione di dipendenza e insicurezza
Quale sarà il momento e il modo più giusto perchè madre e figli si allontanino, naturalmente mentre la memoria si assenta per un po'.
Mi piacerebbe, forse ci fosse più amore e meno aggressività


dott.ssa Adriana rumbolo