mercoledì 8 giugno 2016

Tuo figlio ti fa impazzire?E' ora di esplorare la sua mente



Le neuroscienze sono forse un campo di ricerca lontano dalla vita di ogni giorno? Al contrario, oggi vediamo che la rivoluzione neuroscientifica degli ultimi 20 anni fornisce elementi essenziali a discipline apparentemente lontane, come la psicopedagogia, e crea nuovi riferimenti per l’educazione dei bambini.
La premessa parte dalla conoscenza acquisita, attraverso varie tecniche di «imaging» cerebrale, delle diverse parti di cui è composto il cervello, ciascuna delle quali svolge un compito differente dalle altre. Per esempio, il pensiero logico ha sede nell’emisfero sinistro, mentre senza il destro avremmo difficoltà a provare emozioni e a percepire i segnali non verbali. La nostra amigdala contiene la memoria emozionale, mentre i lobi frontali inibiscono i suoi eccessi, e così via. Ciò comporta che noi siamo una moltitudine di parti differenti che possono, in alcune situazioni, esprimersi in maniera disarmonica. Inoltre, i diversi settori cerebrali non si sviluppano fisiologicamente in maniera graduale. In particolare, i lobi frontali, responsabili del ragionamento etico e dell’inibizione, completano il loro sviluppo solo in età adulta, mentre i settori più profondi del cervello, collegati all’istinto, alle reazioni viscerali e alla sopravvivenza, sono presenti fin dalla nascita. Per questo i bambini tendono generalmente a essere più immediati e meno empatici degli adulti.
Le neuroscienze ci hanno anche insegnato che il cervello è dotato di plasticità, ossia della capacità di essere modellato dall’ambiente. Pertanto è possibile rinforzare i settori che portano a integrare e organizzare meglio il cervello, così che i bambini possano raggiungere un maggior grado di integrazione e sensibilità, comportandosi meglio nel sociale.
Parlare con i figli delle loro emozioni, per esempio, favorisce lo sviluppo delle parti che producono l’intelligenza emotiva, indispensabile per comprendere i propri sentimenti e quelli degli altri. Partendo da questi presupposti, Daniel Siegel e Tyna Payne Bryson, rispettivamente psichiatra e psicoterapeuta dell’adolescenza, spiegano in un libro che unisce neuroscienze e psicologia dello sviluppo, come aiutare i bambini a evitare di vivere in un diluvio emotivo o, al contrario, in un deserto emotivo («Dodici strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino», Raffaello Cortina). Per esempio, se l’emisfero destro prende il sopravvento, esagerando le emozioni e i sentimenti del bambino invece di dare ordini, è meglio entrare in sintonia empatica con la parte ribelle del cervello. Solo così è poi possibile reincanalare l’attenzione e le energie con le spiegazioni logiche e razionali dell’emisfero sinistro, permettendo di dare un senso alle emozioni intense e raccontando in maniera onesta la storia dell’accaduto.
Il cervello, però, è diviso anche verticalmente: mentre la parte inferiore è già formata alla nascita, quella superiore completerà il suo sviluppo soltanto verso i 25 anni. I genitori possono aiutare questa maturazione attuando un vero allenamento emotivo dei figli, sollevando questioni riguardanti la morale e l’etica al fine di sviluppare l’empatia e la capacità di identificazione con gli altri. Strategie importanti per una buona integrazione del cervello, poi, sono quelle di aiutare i bambini a individuare le esperienze inquietanti e far sì che l’elaborazione dei ricordi sia parte integrante della vita di famiglia. Senza un processo di costruzione del significato è infatti impossibile crescere in maniera armonica.
Il limite nell’applicare buone strategie educative, come quelle descritte da Siegel e Payne Bryson, sta però nel fatto che i genitori, a loro volta, devono essere capaci di rivedere in maniera critica e riflessiva la loro infanzia e il rapporto con i loro genitori. Senza avere costruito una narrazione autobiografica discretamente aderente alla realtà e senza una buona elaborazione dei guasti della propria infanzia si rischia di essere manipolativi o proiettivi; in caso di scarsa consapevolezza si trasmette una vita emozionale distorta, che crea danni, perché viene percepita dai figli attraverso i neuroni specchio.
Da LA STAMPA TUTTO SCIENZE 05/06/2013