martedì 7 maggio 2013

Così il cervello si emoziona di fronte all'arte astratta La Repubblica.it Scienze


Studio di un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma e della Columbia University, svela qualcosa di nuovo su come si comporta il cervello di chi osserva un'opera d'arte che di corporeo ha poco o nulla. Si crea la stessa risonanza emotiva 
di ALESSIA Manfredi




DAVANTI ad un'opera d'arte è facile emozionarsi, provare un'immedesimazione profonda con quello che si osserva. Impossibile rimanere indifferenti di fronte al dolore delle vittime dei "Disastri della guerra" di Goya o ai giochi di luce e di corpi nelle tele del Caravaggio. Sguardi, espressioni drammatiche, fisicità entrano dentro allo spettatore, che è portato ad empatizzare con ciò che vede. Meno scontato, forse, è che si abbia la stessa reazione con l'arte astratta, che di corporeo ha poco o nulla.

Eppure, si crea la stessa risonanza emotiva. Lo dimostra uno studio di un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma e della Columbia University, che svela qualcosa di nuovo su come si comporta il cervello di chi osserva un'opera d'arte astratta. Nello spettatore che guarda, ad esempio, i tagli sulla tela di Lucio Fontana, si attiva la corteccia motoria. Un segnale indiretto dell'"accensione" dei neuroni specchio, cellule del sistema nervoso che permettono di spiegare dal punto di vista fisiologico l'empatia, ovvero la nostra capacità di metterci in relazione con l'altro.

Per la prima volta, i ricercatori guidati da Maria Alessandra Umiltà e Vittorio Gallese - scopritore, insieme a Giacomo Rizzolatti, Leonardo Fogassi e Luciano Fadiga dei neuroni specchio - con David Freedberg, storico dell'arte alla Columbia University di New York, hanno osservato una risposta motoria specifica nel cervello di chi osserva un'opera statica, astratta, anche se in questa non è presente alcuna rappresentazione di corpo in movimento. Del resto, è già stato dimostrato che la visione non è solo confinata all'attivazione delle parti visive del cervello, ma coinvolge anche le regioni cerebrali coinvolte nel movimento, nelle sensazioni tattili e nelle risposte emozionali.

Il rapporto tra arte e cervello affascina da tempo il professor Gallese. Se ne occupa in modo specifico una disciplina recente delle neuroscienze, la neuroestetica, che cerca di spiegare l'esperienza estetica a livello neurale. Con Freedberg Gallese ha già firmato un lavoro uscito nel 2007 in cui si ipotizzava come i neuroni specchio giocassero un ruolo chiave nel rapporto diretto con l'opera d'arte, attivando in chi la osserva una risposta universale. 

"In quel lavoro teorico", ricorda il professore, "sostenevamo che l'empatia è una componente essenziale della nostra esperienza di fronte ad un'immagine, anche artistica. E lanciavamo l'ipotesi che questa forma di "risonanza" con l'opera d'arte si potesse osservare anche quando non c'è nulla di corporeo con cui immedesimarsi, come nell'espressionismo astratto di Jackson Pollock o nei tagli di Fontana".

Ora dallo studio pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience, arriva una prima prova empirica a sostegno di questa idea. Nel loro esperimento, Gallese e colleghi hanno mostrato ad un gruppo di persone riproduzioni ad alta risoluzione delle tele squarciate di Fontana alternate ad uno "stimolo di controllo": in questo caso un'immagine modificata, in cui il taglio veniva sostituito da una linea. Quello che mancava era l'aspetto dinamico, ma tutto il resto era sostanzialmente identico alla riproduzione dell'opera d'arte: bianco e nero, contrasto, numero di pixel.






Quello che i ricercatori hanno constatato è che osservando la riproduzione dell'opera d'arte tutti i soggetti, indipendentemente dal grado di mediazione culturale - solo una metà conosceva l'artista - hanno mostrato a livello cerebrale la stessa reazione, che invece non si è verificata di fronte agli stimoli di controllo: la soppressione del ritmo mu, segnale dell'attivazione del sistema motorio corticale. Che indica, al tempo stesso, l'attivazione del meccanismo dei neuroni specchio.

I risultati dello studio danno quindi ragione a Gallese e Freedberg che già avevano ipotizzato come le tracce del gesto dell'artista sulla tela - in questo caso i tagli di Fontana, oggetto dell'esperimento - "accendessero" nello spettatore le aree motorie che controllano l'esecuzione dei gesti che producono quelle stesse immagini. E stimolassero l'attivazione del meccanismo dei neuroni specchio, che si rivela quindi centrale nella percezione dell'opera d'arte, anche astratta.

"Il corpo è una componente chiave nella fruizione di un'opera artistica", sottolinea Gallese. "Al netto di condizionamenti e mediazioni culturali, che sicuramente hanno un ruolo preponderante nell'esperienza estetica, c'è comunque una risposta empatica di base che scatta di fronte alle immagini, artistiche e non".

Questa risposta ora è stata messa a fuoco osservando il coinvolgimento del sistema motorio nel cervello di chi osserva un'opera. "E rafforza l'importanza di approfondire i processi cerebrali alla base del nostro coinvolgimento empatico con le 'arti", conclude il professore. 


(08 dicembre 2012)