venerdì 6 novembre 2020

Globe theatre Roma Gigi Proietti


Globe Theatre Gigi Proietti

Bellissimo, caldo accogliente che potenzia la comunicazione migliore.

Quando per tanti anni ho condotto con adolescenti in scuole pubbliche incontri sulle emozioni 

non sono mai salita in cattedra.

Non ho mai voluto mettere una barriera fra me e i ragazzi.

Francesca (12anni):"E' importante la libertà di esprimere le proprie idee e di aprirsi.

Era valida anche la posizione dei ragazzi in cerchio che poneva tutti allo stesso livello". 

giovedì 17 settembre 2020

Metodo Indicativo Adriana Rumbolo educazione emozioni scuola pubblica

 I brani che seguono raccontano un po' dell'esperienza che ho condotto per 10 anni in alcune scuole pubbliche del comune e della provincia di Firenze con studenti di (12/16) anni Seguono molti altri  capitoli.

Vi invito a non leggerli e soprattutto a non copiarli perchè":a esperti professori universitari opinionisti,.medici che pubblicano libri sul percorso evolutivo dei ragazzi ,case editrici che hanno un alto concetto di sè ,non sono piaciuti

Non faccio nomi perchè potrei attivare solo polemiche 

Sconsiglio di leggerli ,ma io continuo a ripetere come Galileo:Eppure a me piacciono.

Il cervello emotivo

 


mercoledì 16 settembre 2020

Sistema Limbico

 

Sistema Limbico



Agli studenti era piaciuto molto conoscere la storia del cervello ed essere i miei diretti interlocutori. Finalmente non avevano intermediari giudici nel conoscersi e nell'interpretare il proprio sentire. Era stato messo in silenzio il coro eterogeneo dei vari giudizi che li criticava (padre, madre, insegnanti, allenatori sportivi, compagni superficiali) molto diversi l'uno dagli altri per cui la voce del ragazzo si perdeva.

Dopo gli incontri, forse, i ragazzi si sarebbero scelti da soli i propri interlocutori, e poiché le emozioni hanno bisogno di racconto, avrebbero messo, perché no, anche il diario fra questi.

Poi è stato facile per tutti percepire quanto fosse, indispensabile comunicare: con gli altri, con se stessi, con i suoni, con i colori, con il proprio corpo, con il cibo ecc... in una continua interazione.

Per sottolinearne maggiormente la necessità, abbiamo insieme riflettuto sulla condizione di un soggetto che ne è stato privato o che non ne gode appieno.

Si è parlato così dei prigionieri di guerra che vengono tenuti in isolamento per distruggerne la volontà e creare in loro una dipendenza assoluta: di esperimenti scientifici che hanno dimostrato che un soggetto dal più totale e prolungato isolamento potrebbero riportare danni cerebrali irreversibili.

Uno studente di 15 anni è intervenuto facendo notare che anche il padre di Gertrude, la monaca di Monza, aveva usato la mancanza di comunicazione per annullare la volontà della figlia e, approfittando della sua conseguente dipendenza affettiva, metterla in convento per sempre e poi ha aggiunto, ma parliamo dello stesso libro che studiamo a scuola!

Ho portato in classe illustrazioni prese da una rivista scientifica che raffiguravano come nel cervello di un neonato, la crescita dei neuroni fosse condizionata e sollecitata da una buona relazione con l'ambiente intorno.

Alcuni studenti che avevano un fratellino, una sorellina di pochi mesi, hanno riferito di avere osservato che i neonati smettevano di piangere a un tono rassicurante e che rispondevano con un sobbalzo a un urlo o a un rumore forte.

Ho avuto la tentazione di portare in classe un bambino di pochi mesi, perché tutti i ragazzi potessero vedere come è già in grado di relazionare e quanto lo può disturbare una cattiva relazione.

Ma poi non ho voluto far pagare a un neonato un prezzo così caro per la scienza e non se n'è fatto nulla.

Ma con che cosa si comunica? Con che cosa si relaziona? Un ruolo fondamentale, secondo le ultime acquisizioni, è affidato alle emozioni.

Prima della fine del '900 Charles Darwin, William James, Sigmond Freud avevano già trattato diffusamente le emozioni

conferendole un posto privilegiato nel dibattito scientifico e proprio. Freud aveva già colto senza mezzi termini, il potenziale patologico dei disturbi emotivi, e Darwin in base all'universalità di questo fenomeno, perché la stessa fisiologia di base delle emozioni si è tramandata ed è stata usata all'infinito nel corso di ere di evoluzione della specie, formulava l'ipotesi che le emozioni fossero la chiave della sopravvivenza del più forte.

Eppure per tutto il secolo appena trascorso e fino a tempi molto recenti tanto le neuroscienze quanto le scienze cognitive hanno trattato l'emozione con estrema freddezza.

Era considerata l'opposto della ragione, di gran lunga la più pregevole capacità dell'uomo, che si supponeva fosse del tutto indipendente dalle emozioni.

Negli ultimi anni le neuroscienze e le neuroscienze cognitive hanno finalmente approvato l'emozione e hanno dimostrato che le emozioni 'impulsi ad agire', risposte all'ambiente necessarie alla sopravvivenza sono parte integrante dei processi del ragionamento, dell'apprendimento, della memoria e della decisione del bene e del male.

Le emozioni ben dirette e ben dispiegate sembrano essere un sistema di appoggio, senza il quale l'intero edificio della ragione non può operare a dovere.

Inoltre, come propone nel suo libro “Molecole di emozioni” Candace Pert sarebbero le emozioni a unire fra loro mente e corpo.

Conoscere i sentimenti causati dalle emozioni è indispensabile per la coscienza di sé.

Potremmo poi dire semplicemente che la coscienza è stata inventata perché conoscessimo la vita

Da quel momento comincia il nostro conoscere. Di questo gli adolescenti avevano urgente bisogno e su questo si è dialogato con serenità, curiosità e qualche bella risata.

I ragazzi stentavano a credere che le loro emozioni a cui non avevano attribuito né un'esistenza né un nome, avessero sede soprattutto nel cervello e che tutti le avessero e che fossero così importanti.

Ah! Si chiamano emozioni!” quelle reazioni a volte chiare, a volte confuse, a volte incontrollabili: scatti improvvisi di rabbia, entusiasmo ingestibile, timidezza insuperabile, paure, desideri “tutto e subito”, aggressività esplosiva che spaventa e il bisogno sempre e comunque di comunicare.

Ma le emozioni, come si mostrano?

Scrive Damasio (“Emozione e coscienza” - Brain and Cre­ative Institute - University of California, Adelphi): “Le emozioni usano il corpo come teatro...”.

Capita proprio in classe un episodio che ci aiuta a comprenderlo. Entrano due ragazzi di una sezione diversa per dare una informazione, una studentessa alla vista dei due e in particolare di uno dei due, scompare dentro il banco. Quando, finita la comunicazione, i ragazzi se ne vanno, la studentessa dai lunghi capelli ricci, riemerge tutta rossa in volto.

I compagni ridono, ma vengono subito bloccati, perché c'è una dimostrazione in corso: la visibilità della grande emozione è espressa in parte dal rossore del viso della fanciulla, rossore che da quel momento avrà il diritto di cittadinanza tra i banchi di scuola.

Poi nella studentessa ci sarà un rientro dell'emozione che la coscienza trasformerà in sentimento.

Le emozioni, inclinazioni biologiche, presenti fin dalla nascita e forse anche prima, necessarie alla sopravvivenza e protagoniste della comunicazione, non sfuggono all'influenza dell'esperienza personale della cultura.

Proprio nella socializzazione potrebbero verificarsi sofferenze emozionali che si esprimeranno in indifferenza, disinteresse, inattività, comportamenti a rischio per se stessi e gli altri, disturbi della memoria e del giudizio.

Scrive J. Le Doux (“Il cervello emotivo”, Baldini & Castoldi Dalai editore - Milano 1996): “Ci vuole igiene emotiva per conservare la salute mentale e i disturbi mentali riflettono per lo più un ordine emotivo infranto”.

Ora per i ragazzi è naturale collegare i “disordini emozionali” e tanti loro malesseri.

Ecco perché mi sudano le mani, ecco perché sbatto gli occhi, ecco perché non riesco a riportare per il cambio un acquisto difettoso e le tante paure sociali: paura di perdere il proprio passato (sindrome di Pollicino), paura di non essere all'altezza delle aspettative degli altri... paura di non poter dire la propria opinione o di non potersi ribellare a qualcosa o a qualcuno ecc.

Uno studente di 15 anni: “la paura sociale è quella cosa che primeggia nei nostri cervelli...”

Finalmente prendendo coscienza di sé è come se fossero entrati nel loro castello dove la conoscenza scientifica aveva sostituito l'elettricità.

Pirandello nella novella “Ciaula scopre la luna” ha scritto: “E la chiaria cresceva, cresceva...”.

Arriva in classe il primo disegno del cervello emotivo eseguito da due studentesse di 14/15 anni per sottolineare le adeguate corrispondenze fra mente, cervello e comportamento.






lunedì 14 settembre 2020

Prefazione

 

Prefazione

Ho gettato il “sassolino della scienza” nello stagno degli adolescenti (12/16 anni) in alcune scuole pubbliche del comune e della provincia di Firenze.

I cerchi di ritorno fitti, fitti hanno cancellato la stagno.

Sulle informazioni che fornivo sul cervello, in particolare sul cervello emotivo si è velocemente acceso un dialogo intenso, vivace che spaziava libero nella conoscenza e che mi orientava nel percorso di un'esperienza, forse unica in Italia.

Per rispondere a tante domande ho dovuto coinvolgere anche discipline che non mi sono proprie.

Non vorrei avere esagerato.

Mi auguro che quest'esperienza dai risultati significativi, fatta con i ragazzi, nel luogo più pertinente, la scuola, venga portata avanti da un gruppo costituito non solo da pedagogisti, psicologi, ma anche da medici fra cui un andrologo.

L'ho chiesto anni fa, ma i tempi non erano maturi, ora spero lo siano.

Per un anno ho parlato con gli studenti anche della relazionalità nell'educazione sessuale e i ragazzi si erano molto interessati, ma la scuola mi fece sapere di lasciare perdere l'argomento: non so ancora perché, constatato il successo.

Tre parole non ho trovato spesso nel lungo dialogo di dieci anni, con gli adolescenti: Desiderio, Regole, Grazie.

Spero di aver rimesso in discussione il percorso educativo, nei soggetti in crescita, delle emozioni e di conseguenza la possibile prevenzione di varie espressioni di disagio che spesso e sempre più avvicinano i nostri ragazzi a scorciatoie facili e facilmente disponibili: alcool, droga, criminalità, ecc.

Alcuni studenti di una seconda media mi hanno mandato dei messaggi per aiutarmi in questa prefazione:

«È stato molto interessante perché mi hai insegnato come può essere la vita. “Emozioni a Terra del Sole”, un libro molto bello, ci ha raccontato il periodo più creativo della tua vita. Ogni giorno penso a quello che mi potrebbe accadere a scuola, ma dimentico una cosa sola, che devo assolutamente portare con me l'intelligenza e non solo quello, ma anche i miei sentimenti che negli ultimi giorni mi hanno fatto vivere come una matricola o meglio e più esplicitamente come un disgraziato. Nei giorni che Adriana Rumbolo è venuta mi sono sentito un po' tranquillo. Con lei abbiamo fatto delle attività sui comportamenti di tutti i giorni. Adriana ci diceva e ci spiegava che le emozioni che noi viviamo sono tante e fanno modificare il nostro cervello (12 anni, M)»

«Incontrarti. Nei tuoi incontri ho imparato molte più cose del cervello, su come funziona, a cosa serve, come agisce, quali parti del corpo fa funzionare, come si modifica quando parli, ascolti, quali emozioni ti fa provare. (12 anni, M)»

1. Averlo saputo!



Tutto è cominciato in una tranquilla mattina di novembre. Una classe aspetta pronta alla difesa di immagine: perché questi incontri? Non siamo mica matti! Noi non abbiamo problemi!

Di colpo la novità: non sarebbero stati sottoposti a test, né osservati, giudicati, catalogati, ma gli sarebbe stato offerto un mare di informazioni “scientifiche” sul cervello, dove ognuno avrebbe potuto attingere a seconda dei bisogni, dei dubbi da chiarire, delle curiosità a cui rispondere e con il diritto alla parola.

Si gli è stato anche detto che tutto sarebbe avvenuto nel rispetto delle regole di una buona convivenza: l'hanno trovato un patto accettabile.

Sono sorpresi, ma l'argomento sconosciuto, la novità di poter parlare e di essere ascoltati li fa rilassare.

Mentre parlo incrocio le dita e mi auguro che almeno una parte di questi ragazzi a trenta, a quaranta, a cinquanta anni non dovrà dire con rabbia, con disappunto: “averlo saputo!” dopo aver vissuto, subendole, situazioni non consapevoli e dolorose.

Ho scelto di dialogare con adolescenti di dodici/sedici anni, non perché ritenga che fin dalla nascita non sia importantissimo relazionare (unico mezzo per cominciare a costruire buona autostima), ma poiché siamo ancora lontani dall'aver approfondito il percorso educativo delle emozioni, mentre il tempo passa, non possiamo ignorare i disagi e le richieste dei ragazzi.

Durante la crescita, il mondo delle emozioni subisce molte aggressioni di tipo relazionale in famiglia, a scuola, ad opera della politica dei mercati e proprio per queste, nell'adolescenza o poco dopo, per la grande energia dei cambiamenti sessuali, fisici, intellettuali, emotivi tutti mischiati fra loro, potrebbero esplodere conflitti tenuti, per lungo tempo, in sordina.

Quando ho letto, nella riflessione di una studentessa di 15 anni: “una delle paure più ricorrenti nei ragazzi e nelle ragazze della nostra età è quella di non riuscire a sentirsi accettato dagli altri per come sei veramente” ho pensato che queste paure non fossero arrivate con l' adolescenza.

L'adolescenza forse le aveva evidenziate e aggravate, ma sicuramente avevano radici molto lontane nel tempo ed era un bene che la ragazza ne avesse parlato.

I ragazzi purtroppo non sono abituati ad essere ascoltati.

L'ascolto, anche del silenzio, è già una conferma del nostro esistere, e non è poco.

È spontaneo associare l'adolescenza alla favola dei tre porcellini.

Quando il lupo arriverà (il sesso temuto) correrà gravi pericoli il porcellino che ha la casa di paglia; avrà più possibilità quello con la casa di legno; potrà resistere il porcellino con la casa di mattoni.

Negli anni che precedono l' adolescenza i bambini spesso denunciano i loro disagi di origine relazionale (enuresi, tics, encopresi, tricotillomania, regressioni, onicofagia, aggressività, incubi) con messaggi chiari e forti, ma il pregiudizio e la vergogna scolorano il tutto nell'espressione “con il crescere migliorerà, aspettiamo”.

Poi la famosa pausa di latenza rassicurerà molti. Si, tutto è stato superato, non pensiamoci più.

Quando arriverà l'adolescenza i disagi psicologici ritorneranno, più forti, meno comprensibili e più incontrollabili.

E di nuovo, il pregiudizio: “la colpevole è l'adolescenza”. Pochi pensano che, come nella favola dei tre porcellini, non è tanto la forza del lupo a distruggere le case e a metterli in pericolo, quanto la precarietà delle case stesse, ovvero la fragilità di molti, forse troppi bambini gravemente carenti di

autostima.

Per questo è nato il mio programma “Prendi coscienza di te stesso”, che introdotto dalla teoria di Pirandello, perché la scuola lo accettasse più volentieri, voleva offrire ai ragazzi un dialogo per la conoscenza e la gestione delle emozioni, dei sentimenti al presente, ma con uno sguardo anche al passato.

I ragazzi avrebbero potuto, piano piano, approfondire la loro conoscenza fino a divenire “mediatori di se stessi”.

In questo programma, ho evitato di proposito parole come patologico, normale, non normale, matto, psicotico, schizofrenico ecc...

Pure avendo come tema centrale le emozioni nella presentazione del programma ho aggiunto titoli che prendendo spunto dal quotidiano coinvolgessero tanti interessi della loro vita.

2. Nasce un programma a misura di adolescente


Prendi coscienza di te stesso”

Così è stato presentato ai dirigenti scolastici (96/97)

Nella profondità originaria di tutte le creature umane, c'è un'energia potenziale che non è ancora “qualche cosa”, che non è ancora “vita” e tale non può essere se non assume una fisionomia specifica, se cioè non discende in una “forma”.

Quando però questa energia potenziale entra in una forma, allora restano precluse tutte le altre “forme” a cui un essere umano potrebbe aspirare.

La vita per essere tale ha bisogno della “forma”, ma la forma la limita e la soffoca .

Gli uomini non sospettano l'esistenza di questa loro prigionia e continuano a vivere tranquillamente.

Ma vengono gli attimi della riflessione dovuti ad un incidente, ad un motivo qualsiasi e in lontananza si avverte la presenza di una vita diversa, non nostra, ma che avrebbe potuto essere nostra.

Allora le cose di ogni giorno appaiono vuotate di ogni senso .

L'uomo capisce di essere caduto nelle “forme” senza una sua effettiva partecipazione.

I costumi, le tradizioni, le abitudini, i pregiudizi, le leggi, le convenzioni i pudori crollano uno ad uno: sono “forme”, quindi ipocrisie, maschere che ci gravano intorno come tanti tentacoli. Questa concezione di Pirandello, della vita, sconvolgente per il suo contenuto di universale verità, ci sollecita a far si che i nostri ragazzi approfondiscano la coscienza di sé e del mondo intorno, prima di prendere decisioni importanti negli affetti e nel lavoro. È vero che prima della vita scolastica i ragazzi hanno vissuto in seno alla famiglia, dove sono maturate le prime e più

importanti conoscenze. È all'infanzia, infatti, che spettano le “operazioni più significative”.

È vero che il nostro cervello è costituito da strutture fissate fin dalla nascita o che maturano successivamente sotto la direzione di un ingegnere genetico, ma è costituito anche da strutture aperte, plastiche (neuroplasticità), che invece rispondono e si organizzano sotto l'azione delle vicende personali e sociali.

La vita insomma è garantita da meccanismi difensivi inscritti nel codice genetico (il vivere), ma la qualità dipende, in gran parte, dalle esperienze che non hanno nulla di deterministico (il come vivere)."Vittorino Andreoli

Gli scopi della scuola, in condizione di poterlo fare, dovrebbero essere quelli di fornire agli studenti con il dialogo, informazioni scientifiche, per conoscersi meglio, per avere maggiore fiducia in sé, (autostima) e migliorare i rapporti con gli altri.

A tal fine proporrei una serie di incontri con gli studenti, almeno sei, ogni anno, della durata di un'ora e mezzo ciascuno, intervallati da due o tre settimane, la mattina, sempre con la partecipazione di un docente.






Titoli degli incontri:

Piacersi per piacere. Darsi e non sdarsi.

Tutto e subito”. Ma con il desiderio come la mettiamo? Agli animali in pericolo la mimetizzazione, a noi la bugia. Il si e il no.

L'importanza della risata.

LE EMOZIONI - IL RELAZIONARE

L'ansia e la paura dell'apprendimento.

Esplora, conosci, crea La teoria dei sei cappelli (De Bono).

La dipendenza affettiva e l'autonomia.

I pregiudizi.

Le aspettative.

Il gruppo (aiuta, frena, condiziona). L'importanza del limite.

I sensi di colpa.

Essere e avere.

La competizione.

La famiglia

3. I diretti interlocutori sono loro


Sono entrata a scuola fra gli adolescenti: una massa colorata, vociante, corpi dondolanti su zeppe altissime.

Gli zaini rigonfi i capelli immobili e lucidi per il gel.

Si sentivano le ultime musiche, i cellulari squillare e ho percepito in loro il grande desiderio di emergere collettivo e confuso, ma forte come l' odore del loro sudore o delle scarpe sportive appena tolte.

Poi le voci si sono abbassate la grande massa si è rapidamente scomposta e ricomposta in piccoli gruppi nelle aule.

Ora sono tanti volti, tanti occhi in cui mille espressioni promettono tanto, se riusciamo a ritrovarci a riconoscerci nella comunicazione.

E dalla comunicazione si è partiti, ma prima era necessaria una breve introduzione sulla storia del cervello che è iniziata interessante, veloce, con precisi riferimenti alle funzioni che il cervello svolgeva via, via che proseguiva nel suo percorso antropologico (La teoria dei tre cervelli di Paul MacLean: il cervello rettile, emotivo, neocorteccia o cervello pensante).

Un documentario sull'evoluzione umana, divulgato in televisione da Piero Angela, racconta quando l'uomo pianse per la prima volta alla morte della compagna.

Forse è stato il “vagito” del cervello emotivo, oppure no, ma è stato bello immaginarlo.

E poi la neocorteccia.

Ai ragazzi è stata descritta come un casco, termine a loro familiare, che avvolge il cervello con numerose e profonde pieghe e ha anche questo compito meraviglioso: raccogliere tutte le nostre conoscenze, le nostre esperienze.

Però il cervello non può fissare tutti i dati che gli arrivano, sono troppi.

La memoria allora a seconda della qualità e della quantità emotiva del dato in corso, tratterrà il ricordo per una manciata di secondi (memoria sensoriale) o per una ventina di minuti (memoria breve) o per tutta la vita (memoria a lungo termine): in questo modo si formerà il nostro sapere.





Emozioni Emozioni Emozioni



 Quarto capitolo  di "Metodo Indicativo educazione emozionale scuole pubbliche "di Adriana Rumbolo

4. Emozioni! Emozioni! Emozioni!



Siamo finiti così, nel bel mezzo di una rivoluzione, nel corso della quale i confini fra materie rigidamente scolastiche e la moda, la musica, lo sport, l'arte, il trucco, tanti aspetti sociali ecc... si sono disciolti per fare posto alla più vasta interdisciplinarità unita proprio dalle emozioni .

Che accadesse nella scuola era veramente un sogno: i cervelli si sgranchivano dopo anni di separazioni e divisioni che avevano arrestato le potenzialità cognitive-emotive.

Il dialogo che ne è seguito è stato travolgente

Sembrava non aspettassero altro!

La maggior parte dei ragazzi, sperimentava per la prima volta il relazionare: quasi nessuno ci era stato abituato né in famiglia, né a scuola.

Era arrivato il momento di parlare specificatamente delle emozioni primarie: della paura, della collera, della tristezza, della gioia del disgusto.

Quando ho letto gli ultimi e gravi episodi di violenza fra gli adolescenti, mi sono chiesta se i ragazzi coinvolti avessero avuto un'occasione favorevole per conoscere meglio le proprie emozioni, comunicare i propri disagi e saper formulare una chiara richiesta d'aiuto.

Non è facile saper chiedere aiuto.

In un incontro, una studentessa di dodici anni, mentre si parlava dell'attività del cervello durante il sonno, all'improvviso: “Ho sognato che ero in difficoltà, angosciata. Volevo chiedere aiuto, ma la voce non usciva”. I sentimenti e le emozioni non vanno tenuti in silenzio o rimossi, perché allora sì che la loro azione potrebbe diventare molto pericolosa.

Quando li rassicuravo tiravano unNegare le emozioni è inutile, resteranno nell'inconscio a fare danni.

Un bambino non nasce con la consapevolezza e la conoscenza dei sentimenti, del loro manifestarsi e spesso potrebbe fraintendere quel che vede , ma anche quel che prova.

In questi errori di interpretazione si annidano a volte problematiche destinate prima o poi a esplodere, anche violentemente, rendendo più difficile l'apprendimento a scuola, il rapporto con gli altri e acuendo la difficoltà a sopportare anche le più piccole frustrazioni quotidiane.

Alcuni ragazzi, sorpresi dalle maggiori conoscenze acquisite sulle proprie emozioni continuavano a chiedermi se tutti, ma tutti, tutti, le possedessero.

Una studentessa in disparte, mi chiese se ne poteva usare almeno una (soffriva di disordini alimentari, era la prima della classe). respiro di sollievo dicendo: “anche se ho dei brutti voti a scuola il mio cervello è a posto le mie risorse ci sono”.

Sembra una piccola cosa, ma a volte andare male a scuola può creare in uno studente, molta sfiducia nelle proprie capacità, e molta insicurezza.

Con la conoscenza delle proprie emozioni, molti stavano riacquistando la fiducia persa nelle loro possibilità e forse, chissà, con l'esperienza sarebbero stati in grado di usarle in modo più produttivo, rafforzando notevolmente la loro autostima e migliorando il rapporto con l'ambiente e con gli altri.

I ragazzi una mattina hanno scritto sulla lavagna: relazionare = esistere.

Giorgio Gaber cantava: Libertà è partecipazione.

Un'insegnante mi disse: “ora finalmente ho una classe, conosco i miei ragazzi!”.

È stato uno dei complimenti più belli.

La scuola stava offrendo un'esperienza speciale, perché non avevo solo la conferma che, un ragazzo o sarebbe più esatto molti ragazzi, avevano avviato un processo di riconoscimento delle proprie emozioni e dei sentimenti alla luce delle loro esperienze.

Quando si usa il termine emozione, lo si fa nel senso più ampio del termine, includendo non solo le esperienze familiari all'uomo come ira, paura, tristezza, oltre che gioia, soddisfazione e coraggio, ma anche sensazioni basilari come piacere e dolore, nonché le “pulsioni istintuali” studiate dagli psicologi sperimentali, come fame e sete.

Il professor Robert Plutchik, un professore di psicologia all'università di Hofstra, ha proposto una classificazione fondata su otto emozioni primarie - tristezza, disgusto, ira, anticipazione, gioia, accettazione, paura, e sorpresa - che come i colori primari si possono mescolare ad altre emozioni secondarie: per

esempio, paura + sorpresa = allarme, gioia + paura = senso di colpa, e così via.

Che la classificazione di Plutchik sia confermata o no da ulteriori studi, l'idea che certe emozioni possono mescolarsi per produrne altre è interessante e suggerisce che, quando si prendono in considerazione altri fattori come l'intensità e la durata dell'emozione, si possono distinguere facilmente centinaia di stati emotivi differenziati in modo quasi impercettibile.

La scuola offriva anche un approfondimento, una discussione di gruppo con il vantaggio di far conoscere anche l'interiorità altrui così simile alla propria.

Qualche studente non completamente soddisfatto dell'incontro di gruppo, ha espresso il desiderio di un colloquio individuale

.Gli è stato accordato nel modo più informale come se l'incontro privato fosse un prolungamento di quello avvenuto a scuola.

I ragazzi hanno apprezzato questa forma; anch'io non sono sempre favorevole allo sportello.

I dialoghi erano molto vivaci, ma fin dall'inizio li avevo invitati a non parlare, in classe, di persone non presenti o di episodi troppo privati.

Per conoscere meglio, per approfondire maggiormente le emozioni, abbiamo fatto in classe simulazioni teatrali, ascoltato insieme pezzi musicali di cui loro stessi sceglievano il brano più adatto a esprimere una particolare emozione.

Qualche studente ha realizzato dei cartelloni pubblicitari per sottolinearne la grande comunicazione.

Un giorno abbiamo insieme rappresentato in una prima fase le difficoltà che un soggetto ha, quando non conosce le proprie emozioni e quindi non sa gestirle per raggiungere gli obiettivi affettivi, di lavoro, che gli stanno a cuore.

Mentre facevamo questo uno studente è intervenuto dicendo: “non gli rimane che vendersi”. Aveva capito perfettamente.

Nella seconda fase abbiamo ipotizzato che un soggetto non abituato a relazionare, per realizzarsi serenamente negli affetti e nel lavoro, cerca delle stampelle in una condizione di dipendenza affettiva rischiando così di vivere una vita senza una sua effettiva partecipazione e con gravi disagi psicologici.

Nella terza fase finalmente con il soggetto che ha maggior conoscenza del proprio patrimonio emozionale, si è potuta usare l'espressione “trattare alla pari senza un concetto di inferiorità rispetto ad altre persone”, come ha scritto una ragazza di 14 anni.

Avendo ormai i ragazzi capito quanto fosse importante il patrimonio emozionale ho detto loro che era altrettanto importante imparare a difenderlo, soprattutto da aggressioni di tipo psicologico.

Molti pensa no che gli altri siano sempre più forti, più bravi e che possano disporre di loro come meglio credono.

Questo accade spesso perché i nostri bambini sono più abituati a un tipo di educazione invasiva piuttosto che a un modello relazionale.

Dopo questo mio intervento una studentessa di 14 anni ha scritto: “ogni persona ha un suo spazio psicologico il quale non va violato senza il permesso accordato dalla persona in questione. Se questo spazio viene violato può creare nel soggetto una serie di complessi come quelli che si possono creare quando c'è un concetto di inferiorità in confronto ad altre persone”.

Io non avevo usato la parola complesso né il verbo violare, ma non avrei saputo spiegarmi meglio.

Con adolescenti di 12 anni, per spiegare quanto fosse importante tutelare il proprio spazio psicologico e creare così anticorpi contro le aggressioni di tipo emozionale, ho inventato il gioco del “toc-toc”.

Uno studente si avvicinava ad un altro e mimava il gesto di bussare.

Il soggetto che riceveva questo messaggio avrebbe dovuto abituarsi ad osservare chi bussava, a considerare la situazione ambientale e possibilmente organizzare al meglio la sua risposta. Questa è un abitudine di cui i ragazzi mancano. Sono abituati che chi gli dice di fare o non fare una cosa, non bussa, non permette loro di riflettere e soprattutto blocca la risposta non ascoltandoli.

L'ho fatto con ragazzi di 12 anni perché alcune insegnanti delle scuole medie, dopo aver conosciuto la natura della mia esperienza, hanno

giovedì 27 agosto 2020

Ipponatte

 Una paura ricorrente nei ragazzi e ragazze della nostra età è quella dell'insuccesso, di non riuscire ad essere accettati dagli altri per come sei veramente. 


Questa frase si trova frequentemente nelle riflessioni scritte da adolescenti nell'esperienza dei miei incontri tenuti in scuole pubbliche. 

Spesso e specialmente in questi giorni si parla di bullismo di cyberbullismo, ma quasi nessuno accenna alla moltitudine direi alla quasi totalità di ragazzi che vivono nella paura costante di non essere accettati dai loro compagni per vari motivi.

Un giorno mentre parlavamo in classe di come si organizza una serata per uscire le ragazze mi dissero con molta semplicità che prima di andare in discoteca passavano dal pub per bere una birra o anche due bicchieri di vino. 

Perchè, ho chiesto io, state andando in discoteca dove sicuramente berrete qualcosa? 

. La risposta: " beviamo per sentirci più sicuri tra i nostri coetanei. Per calmare l'ansia del confronto." 

Una frase molto grave che i ragazzi preparassero la sera del sabato a una relazione più ampia con più possibilità di comunicazione, di conoscenza, aiutati possibilmente dalla musica, ma con tanta insicurezza di uscire sopraffatti dal confronto con i coetanei. 

E allora io penso che mentre tutti si indignano contro il bullismo non fanno altro che alimentarlo ignorando la grande moltitudine di ragazzi insicuri grande calamita per i bulli 

Sappiamo tutti che la nostra comunicazione corporea, di espressione, di atteggiamento supera quella verbale e quando un soggetto con disordini nell'aggressività percepisce come preda facile un altro soggetto anche lui con disturbi dell'aggressività ma in senso contrario potremmo concludere con la formula.un + contro un-. 

Se ci fosse la giusta attenzione al percorso di autostima di ogni ragazzo sicuramente avremmo meno episodi di bullismo. 

L'autostima è bassa nei ragazzi: quando chiedevo specialmente alle femmine che parlano di più: "come va l'autostima : " spesso la risposta sconcertante era: siamo a zero. 

La parola ha un grande potere e io rimasi molto sorpresa quando in prima liceo studiai un poeta Ipponatte che con i suoi versi a cui aveva dato una costruzione personale , i giambi. secondo una leggenda, la virulenza della sua satira poetica avrebbe costretto al suicidio due scultori che avevano fatto una caricatura del suo fisico infelice.. 
Ipponatte


Certamente se Ipponatte scrivesse oggi i suoi giambi li posterebbe sui social network. con effetti disastrosi 

Oppure: ne uccide più la lingua della spada. 

Si sa che la parola può contenere una feroce aggressività, un'aggressività distruttiva, ridicolizzando ma attecchisce molto dove c'è un autostima bassa. 

Quando una ragazza accetta una relazione d'amore l'autostima bassa è una componente presente e spesso manca l'AUTONOMIA. 

Tutti possiamo avere momenti di autonomia vacillante ma è fondamentale, per sopravvivere, raggiungerla proprio perché siamo animali socievoli e abbiamo bisogno di stare insieme perchè come cantava Gaber:libertà è partecipazione . 

Per questo ho condotto nelle scuole incontri che non fossero solo rivolti ai cosiddetti casi speciali ma ho pensato che TUTTI i ragazzi e dico TUTTI avessero bisogno di fare quattro chiacchiere per approfondire la conoscenza dei propri mezzi per affermarsi e per tutelarsi 

Quando nasciamo la natura ci correda anche di meccanismi difensivi; sono necessari per la sopravvivenza.Il percorso educativo non corretto li potrebbe indebolire.

dott.ssa Adriana Rumbolo

mercoledì 19 agosto 2020

Perchè l'uomo e la donna non riescono a capirsi sentimentalmente?

E' veramente intrigante e  meravigliosa l'attrazione fra un  uomo e una donna.

Vari neurotrasmettitori, ormoni sessuali e altre sostanze si attivano maggiormente inondando i due soggetti di  euforia, gioia di vivere,progettualità  acuendo la percezione  dei cinque sensi:  la realtà così percepita porta quasi sempre all'inevitabile congiungimento consenziente e momentaneamente liberatorio
. Ma la coppia dove tutto aveva concorso all'unione emotiva , affettiva, erotica poi nella maggioranza dei casi dopo poco tempo essendo,  sembra,  di natura non  monogama vorrebbe prendere percorsi diversi.
.   La donna , negli ultimi anni cominciando proprio dai banchi di scuola ha avuto una rapidissima crescita non in competizione con il maschio, ma per le sue naturali potenzialità pur continuando a fare figli.
 Piano piano ha cominciato a dubitare che l'uomo, forse come quello delle caverne,  non era riuscito ancora a capire la relazione fra atto sessuale e maternità
Lui secondo natura aveva donato alla donna il suo seme ,poi la femmina avrebbe avuto tutti i mezzi naturali per portare avanti la sua gravidanza(per fortuna che  il DNA ha finalmente chiarito come stavano le cose).
Quante volte ho guardato con interesse , in documentari l'incontro di un leone e di una leonessa quando la natura gli permette di messaggiarsi il codice dell'amore.
Si annusano a lungo, la femmina gli mostra tutte le sue grazie poi per un giorno si accoppiano con una certa frequenza e  il maschio dopo essere rimasto un paio di giorni accanto alla compagna scompare nella savana.
Si dice che il nostro comportamento potrebbe essere simile.
Alla femmina spetta portare avanti la gravidanza anche nelle situazioni più difficili poi il parto al quale si prepara cercando la tana più calda e comoda per i suoi cuccioli che libera dalla placenta appena nati:li pulisce , li asciuga e poi la allatta. Fra una poppata e l'altra cerca affannosamente il cibo e così li cresce non trascurando la loro educazione
.Quando avranno raggiunto la completa autonomia li abbandonerà , senza voltarsi indietro 
.Il maschio non  sa niente dell'intensa storia fra mamma e cuccioli Sto scrivendo di una specie non monogama come la nostra.Avevo in classe una studentessa di sedici anni in attesa di un bimbo
. Il suo ragazzo che aveva un anno in più dopo averle proposto l'aborto per la loro giovane età pur riconoscendo il bambino  aveva ripreso la sua vita con gli amici.
Quando suonava la campanella dell'intervallo, lui correva a giocare a pallone con gli amici ,lei rimaneva pensierosa in classe
 Nella coppia quando la convivenza e i figli gettano le basi per costruire una famiglia spesso di ogni cosa che non va si cerca un colpevole,   alimentato solo da pregiudizi che si tramandano ormai da lungo tempo;gli uomini sono tutti traditori, sono tutti mammoni, non collaborano e se si vuole sottolineare un aspetto negativo di un figlio sicuramente gli è stato trasmesso dal padre.La stessa cosa per la donna
Forse pecchiamo un po' di presunzione, pensiamo di essere noi a fare e decidere tutto
,Se qualche volta ci assalisse il dubbio che la natura aveva fatto le cose diversamente e che noi nell'illusione della fede assoluta nella nostra intelligenza l ' abbiamo stravolta e forzata  come quando si costruisce una casa su un terreno franoso?
Se riuscissimo a vederci meglio , come realmente siamo e da quale storia arriviamo potremmo fare crollare molti pregiudizi e divenire più solidali e comprensivi fra noi  e finalmente più autonomi e maturi
Forse cesserebbe la caccia al o alla colpevole e ricorderemmo più spesso il finale della famosa novella di Dostoevskìj "La mite";uomini amatevi  perchè siete soli sulla terra, amatevi!

Dott.ssa Adriana Rumbolo

giovedì 30 luglio 2020

Dalle neuroscienze alla didattica e-learning

Quando un’insegnante scendeva a picco in una valutazione molto bassa ,creava un dibattito interno nel soggetto: se l’ accetto in silenzio potrebbe passare per un incidente di percorso ,ma se dico che non ho capito bene , può venire messa in dubbio la mia intelligenza.
E’ un rischio da non correre , :meglio passare da “sbuccioni” che da imbecilli.
Episodi frequenti .
Ora finalmente le scoperte delle  neuroscenze faticosamente ,molto faticosamente si stanno facendo strada, fra insegnanti, genitori, educatori soprattutto editori facendo comprendere, in modo accessibile, a molti il rapporto cervello-apprendimento il rapporto,mente-cervello-corpo ,l’importanza di conoscere e gestire le emozioni e il danno di tanti pregiudizi
Hanno potuto dimostrare quanto siano necessari nel percorso educativo l’ascolto , l’osservazione , le personalizzazioni.,l’attenzione alle emozioni
Non riesco a comprendere perchè una buona parte della scuola e degli educatori degli editori non riescono ad accettare queste preziose informazioni scientifiche
E’ così difficile, proprio nei primi anni di vita, percepire nel bambino un soggetto nuovo, tutto da conoscere e proprio per questo. ascoltarlo e osservarlo per stabilire con lui una relazione?
Spesso ce ne accorgiamo quando il soggetto si è già allontanato e ristabilire una relazione sempre sarà più difficile se non impossibile
Spesso si allontanano quando hanno subito danni i mezzi fondamentali per la comunicazione : le emozioni..
Ricordo bene che,nella mia esperienza di dieci anni nella scuola pubblica via, via che proseguivo nel fornire informazioni sul cervello , sulle emozioni, sulla memoria ,su tanti aspetti del quotidiano era molto gratificante percepire che molti ragazzi con intenso dialogo ,prendevano coscienza di sè con grande soddisfazione, esprimendola poi nel relazionare, nell’apprendimento,nella creatività, riacquistando fiducia nei propri mezzi difensivi a favore dell’autostima e della sicurezza..
Per tanti anni avevano sprecato energie in immobilismi infruttuosi per cui il corpo segnalava già sofferenze psicosomatiche
.Quando mi chiedevano:”ma tutti abbiamo le emozioni, alla mia risposta affermativa :” allora sono normale anche se ho tanti 4 in pagella!
Può sembrare buffo ,ma a lungo andare può diventare tragico.
Tutta l’esperienza descritta nel mio libro “Il cervello nella scuola” racconta l’incontro di1300 ragazzi di 12/16 anni, per la prima volta, in scuole pubbliche italiane con le neuroscienze.ed è stato veramente un bell’incontro.
Testimoni io e alcuni insegnanti , osservavamo, ci affinavamo nell’ascolto,e seguivamo il percorso dei ragazzi perché essendo loro i diretti interlocutori solo le loro risposte divenivano la segnaletica più corretta del percorso di una didattica sicuramente più rispettosa e fruttuosa .
Spesso ,forse siamo tutti un po’ troppo interventisti.
L’interventismo come ci ha spiegato bene Stern non fa bene alla didattica o ai percorsi educativi in genere.
Usufruendo dei benefici delle scoperte delle neuroscienze anche la tecnologia può venire in aiuto alla didattica
La pubblicità , da molto tempo, ha ben accolto le scoperte neuroscentifiche perché ne ha compreso il grande potenziale nel mercato .
Quando se n’è parlato a scuola per i ragazzi è stato molto interessante scoprire il potere comunicativo del colore,della musica. di un ‘immagine che sintetizza un pensiero, il protagonismo della memoria, la velocità che non da il tempo di pensare e i messaggi subliminali
Due pericoli :le estremizzazioni e l’omologazione e a volte i messaggi subliminali che la fanno un po’ troppo da persuasori occulti
Un giorno in cui si parlava a scuola di creatività un ragazzo esclamò:E’ stato bravo il cervello a copiare dal computer!
Rimasi un attimo sorpresa poi riflettei che lo studente si era espresso facendo un po’ di confusione ma mi dava la conferma che il cervello non era più per lui un perfetto sconosciuto
.Dalle nuove scoperte neuroscientifiche quindi maggiore conoscenza di base del cervello e per l’apprendimento delle varie discipline scolastiche mezzi tecnologici che ispirandosi al cervello stesso gli facilitano il lavoro adattandosi alla sua struttura di percepire , associare, dissociare ,archiviare, creare, memorizzare con il grande vantaggio dello studente di poterlo personalizzare in una affollata e insostituibile rete di comunicazioni emotive e cognitive
 E la scuola sempre immersa nella realtà .

Dott.ssa Adriana Rumbolo






sabato 25 luglio 2020

Un asilo nel bosco e Terra del Sole

"C’è un asilo nel bosco" di Benedetta Verrini
"Un asilo nel bosco e Terra del Sole"  può sembrare un accostamento forzato e invece mi è sembrato perfettamente naturale
La dott.ssa Verrini informa che ha sede a Ostia Antica la prima scuola materna che ha per aula la natura: i bambini stanno prevalentemente all'aria aperta e giocano con sassi, pigne, foglie
. Conseguenza: si ammalano di meno, sono più socievoli e creativi.
 Un'esperienza di successo destinata a diffondersi
Si chiama Skovbørnehave o asilo nel bosco. È nato in Danimarca, ha conquistato il Nord Europa (in Germania ce ne sono più di mille) e da poco è arrivato anche in Italia, con una prima esperienza a Ostia Antica.
«È un progetto pedagogico rivolto ai bambini dai due ai sei anni, con una quotidianità scolastica che si svolge quasi per intero all’aria aperta» spiega Paolo Mai, educatore de L’Asilo nel Bosco, una struttura privata gestita da un gruppo di educatori che sta offrendo un contributo pionieristico alla pedagogia della scuola italiana.
Nell’asilo nel bosco l’aula è la natura:«Anche se resta uno spazio al coperto dove ci si può riparare in caso di brutto tempo» spiega Mai «per la maggior parte del tempo i piccoli stanno all’aria aperta, “imparano facendo”, attraverso materiali come sassi, pigne, foglie, legni».
I risvolti positivi sono enormi: «Il tasso di raffreddori e malattie è molto basso» conferma l’educatore. «La conflittualità è praticamente azzerata, perché l’assenza di giochi tradizionali e la possibilità di sfogare le energie rende i bambini molto felici.
 Osserviamo anche un eccellente sviluppo dei cinque sensi e delle competenze alla spazialità, insieme con l’immaginazione e alla creatività».
L’Asilo nel Bosco è stato protagonista di una conferenza pedagogica all’Università di Roma Tre, con la testimonianza di molte esperienze straniere.
L’interesse per il progetto è anche legato alla sua sostenibilità: in assenza di costi di struttura, il rapporto bambino-educatore è di uno a dieci, mentre nelle materne tradizionali è di uno a 25.
Grazie ai corsi di formazione e al supporto del gruppo ostiense, l’anno prossimo partiranno altri progetti simili a Biella, Rapallo, Verona, Piacenza, Parma e Mantova
Ecco  perchè  ho associato  Terra del Sole , città fortezza del 1564  dove, i bambini hanno la possibilità di essere, a due passi da casa,  a contatto con la natura;  prati. alberi da frutta,   insetti ,animali da cortile,  la libertà di corse sfrenate per rotolarsi nell'erba e poi  un fiume  che nella bella stagione per la diminuzione dell'acqua  permette di  vedere il fondo e scegliere i sassi più lisci e di vari colori e nelle pozze di acqua più tiepida guardare il guizzare dei girini  che si muovono freneticamente aspettando di trasformarsi in ranocchi
.E se all'improvviso si annuncia un temporale velocemente si può cercare rifugio attraversando le mura che circondano e proteggono  l'abitato
E proprio per la vicinanza a tutto  che i bambini possono autogestirsi nei giochi più creativi e fantasiosi  nelle molteplici esperienze sensoriali e nell'affinare il rapporto con l'ambiente per sollecitare il progresso cognitivo, liberi  ma   protetti .
Si, quando si verificano queste condizioni l'aggressività e la competizione diminuiscono a favore di intensa comunicazione.
E poi aggiungerei molto presente nei bambini  a contatto con la natura  è sollecitata e coinvolta la scoperta della  neuroestetica
 Da "Emozioni a Terra del Sole" di Adriana Rumbolo
".Il risultato fu che, quando usciva con il vestitino  blu ,Luisa era come inamidata:niente corse, niente bicicletta, niente scappate alla Basilea, niente giochi lungo il Montone.
Non le rimaneva che sedersi su una panchina  nella grande piazza.
.Per la verità, in quella fase lei si limitò a scoprire la bellezza di Terra del Sole.
Rigida e impettita sulla panchina, alzò gli occhi verso l'alto richiamata dallo stridio delle rondini che volavano tutt'attorno al campanile.
La luce azzurro rosa del crepuscolo estivo dava alle antiche mura, alle case, agli alberi ed all'orizzonte lontano una perfetta conturbante serenità.
La quiete della sera era come solcata dai richiami delle rondini ed il loro volo tracciava linee così precise e definite  da lasciare nel cielo un  invisibile misterioso disegno
"Sembra proprio che sappiano che cosa devono fare!" pensò Luisa tutta compresa"Come sono belle , e come sono intelligenti queste rondini del  campanile di Terra del Sole !".
E si sentì contenta di esserci anche lei in un posto  così prezioso e magico.
Più tardi Luisa dovette imparare che ogni campanile ha le sue rondini, o viceversa, e che tutte- ma proprio tutte- sono  altrettanto belle e intelligenti.
Ma questo non le fece mutare idea.
Nè cambiò proprio niente altro.
Inoltre spesso in luoghi a contatto con la natura è anche possibile comunicare con persone per le quali "Buongiorno vuole dire Buongiorno" come per i barboni che nel film di De Sica"Miracolo a Milano"
a cavallo di scope volano verso il  luogo dove "Buongiorno vuol dire Buongiorno".
E questo coccola la naturale logica di molti bambini.
Ottimo il progetto  di un asilo-nido  che viva all'aria aperta.
Ho fatto un'esperienza simile raccolta poi nel libro"Emozioni a Terra del Sole"
IL libro adottato da due intelligenti insegnanti  in una seconda media alla Machiavelli a Firenze è piaciuto molto ai ragazzi che hanno commentato:"Che fortuna vivere in un luogo dove è possibile sentirsi liberi e organizzarsi da soli , ma protetti.
dott.ssa Adriana Rumbolo

mercoledì 10 giugno 2020

Legge di Lavoisier e l'intelligenza emotiva

Legge di Lavoisier e l'intelligenza emotiva

Quando si parla, dell'intelligenza delle emozioni forse le consideriamo sempre positive se usate bene.
Spesso confondiamo la parola buono, l'avverbio bene con ciò che ci soddisfa, quando si realizzano risultati positivi ma Lavoisier ci fa riflettere
Spesso ho pensato guardando documentari. cinema televisione quando mostrano la distruzione di una città .aspetti cruenti della guerra espressioni dello sguardo di un essere umano che cambiano improvvisamente mentre realizzano le più efferate azioni perché poi tutto ritorni nella calma.Antoine-Laurent de Lavoisier - AIF - Associazione per l ...
Sembra che il mondo debba preservare sempre la sua massa, la sopravvivenza .non importa se cambiano le forme non importa se per cambiare le forme si passi per il dolore o la sofferenza e la morte
Allora le emozioni alle quali diamo il compito di essere la nostra guida nella sopravvivenza lo sono anche quando la sopravvivenza richiede distruzione dolore cambiamenti enormi purché. se vogliamo accettare la legge di Lavoisier la massa non cambi.e la sopravvivenza sia tutelata
Così è stato per miliardi di secoli quando un essere umano sente la parola nemico il suo sguardo cambia e credo che in quel momento la rabbia e l'aggressività diventino dominanti  nell' equilibrio emotivo e finché l'essere umano non ha distrutto una certa realtà poi, si fermerà all'improvviso come per incanto. tutto ritornerà come prima.
Mi ha sempre sorpreso che in uno scenario di guerra in uno scenario di un cataclisma fisico la natura fosse così violenta ma dopo qualche tempo ci accorgiamo che in quella stessa natura è cambiata solo nella  forma: " nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Non importano i fatti contingenti particolari di una realtà che si trasforma di una realtà che soffre di una persona che all'improvviso è nemica, la vita deve andare avanti.
Rivediamolo il concetto di emozioni perché è vero le emozioni rimangono intelligenti in questo loro compito, ma hanno potuto sopravvivere proprio per questo loro compito di preservare la continuità della vita adattandosi a qualsiasi mezzo anche a quello transitorio della distruzione, del dolore, della sofferenza e allora ritorna la frase di un grande scrittore che disse alla fine di una sua celebre novella :" uomini amatevi perché mentre la natura si adopera perché la sopravvivenza continui e voi ne siete i protagonisti esposti a qualsiasi mutamento anche doloroso anche spaventosamente distruttivo e ne avrete paura ci sia sempre l'amore unico conforto, unico anestetico per attenuare la paura e il dolore nei mutamenti più dolorosi, ancora molto misteriosi e molto più forti di noi .

dott.ssa Adriana Rumbolo.
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martedì 5 maggio 2020

47D11

Qualche settimana fa il Fatto Quotidiano aveva parlato di una cura per il Coronavirus SARS-COV-2 e per COVID-19 in arrivo dall’Olanda. Si parlava di un anticorpo particolare che ha due caratteristiche ancora non individuate nei vari IgG e IgM, gli anticorpi prodotti naturalmente dai pazienti affetti o guariti dal Covid. È “mono clonale”e dunque può essere replicato all’infinito. Ed è “neutralizzante”, ovvero ha la capacità di colpire il virus bloccando lo sviluppo dell’infezione. Ieri lo studio che portala firma dell’Università di Utrecth, Erasmus Medical Center e Harbour BioMed, è stato pubblicato su Nature Comunications. Il 15 marzo il report era stato messo in pre-print sulla piattaforma Biorxiv. Spiega oggi Davide Milosa:
Il futuro “salvatore” ha un nome alfanumerico. Si chiama 47D11. E ha una missione: colpire le parti del virus che fungono da chiave d’accesso nella cellula umana. Questo anticorpo blocca SarsCov2 al l’origine dell’infezione, aggredendo le proteine che stanno sulla parte esterna del patogeno e che sono chiamate s pi k es . Le proteine S-s pi ke s sono divise in due classi: la S1 che spinge il virus a entrare nelle nostre cellule attraverso l’enzima Ace2 e poi c’è la S2 che aiuta Sars-Cov-2 a fondersi con la membrana cellulare. Ora 47D11 attacca proprio questo sistema, debellando il virus.

giovedì 16 aprile 2020

La quercia caduta. di Giovanni Pascoli



La quercia caduta - Giovanni Pascoli



Dov'era l'ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo:era pur grande!

Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo:era pur buona!

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell'aria, un pianto… d'una capinera


che cerca il nido che non troverà

Questa poesia andava scritta in un post   attaccato
all'ultimo dei camion carichi di bare perchè non fossero tristemente anonime.