domenica 28 febbraio 2016

Autonomia e modulazione delle emozioni

Autonomia:quando un soggetto ha maggior conoscenza del proprio patrimonio emozionale si può usare l'espressione" trattare alla pari senza un concetto d'inferiorità rispetto ad altre persone".
E' stato scritto da una studentessa di 14 anni e mi è piaciuto.

Alcuni anni fa nasceva la speranza che la donna ricevendo, fin da bambina, un'educazione più attenta a valorizzare il femminile, potesse raggiungere una certa autonomia.
Una collana di simpatici libri :”Dalla parte delle bambine “che ora viene riproposta, avvallava questa speranza
Erano gli anni '70.
Poi, silenzio!
Ora , alla luce delle scoperte delle neuroscienze soprattutto per la rivalutazione delle emozioni il percorso di crescita di una bambina/o si ripresenta ,con più urgenza, per raggiungere la sua autonomia frutto della presa di coscienza di tutto quanto la natura gli ha dato per potersi gestire al meglio e coniugarlo con la cultura, conoscendolo,  modulandolo ,ma non reprimendolo.
Autonomia ed emozioni sono intimamente connesse
.Purtroppo come ho già scritto le emozioni sono presenti nel bambino/a fin dalla nascita e forse anche prima ma ancora sembra mancare la dovuta attenzione al primo anno di vita del bambino/a quando dovrebbe iniziare la modulazione delle emozioni primarie rabbia, paura, angoscia da separazione, nella relazione con la mamma  e l'ambiente familiare.
Poi il rapido inserimento negli asili nido per l'impegno lavorativo dei genitori, dovrebbe favorire nella comunicazione con i pari la continua sperimentazione di quelle emozioni primarie così importanti che se represse o mal gestite, potrebbero turbare gravemente, per tutta la vita, i contatti relazionali , negli affetti, nel lavoro, nelle scelte più importanti.
Spesso il bambino molto piccolo non distingue bene l'accudimento dall'amore.
Inizia così una brutta dipendenza affettiva dove il soggetto cercherà sempre delle stampelle affettive-accudenti a danno suo o altrui ignorando le proprie potenzialità ,il proprio corpo;non farà un buon percorso di crescita affettiva.emotiva-sessuale , ma chiederà sempre e invano agli altri di cambiare, impresa improbabile, e male  alimenterà la propria autostima con i loro giudizi e pregiudizi.
Per questo, potrebbero verificarsi gravi disturbi comportamentali, bassa autostima, blocco dei sistemi difensivi,identità confusa, incapacità di chiedere aiuto , un potere decisionale molto debole e incerto.
Il soggetto cresce convinto che se perde “le stampelle affettive- accudenti altrui”, non riuscirà a provvedere a se stesso e per mantenerle si adatterà a tutto , alterando l'armonia del suo benessere
e invano il suo corpo manderà segnali di sofferenze psicosomatiche spesso in un quadro depressivo.
Sono propensa a credere che molti studenti con scarso rendimento negli studi si trovano in questo stato o nei manipolatori di personalità fragili, nei femminicidi se osservassimo bene troveremmo soggetti con disordini emotivi , bloccati nei mezzi difensivi.
La Montessori diceva “il bambino di oggi sarà l'uomo del domani “, ugualmente “la bambina di oggi sarà la donna nel futuro”.
I primi anni di vita di un bambino/a sono come le fondamenta di una casa, le radici di un albero, non dimentichiamolo mai.

Dott.ssa Adriana Rumbolo

lunedì 15 febbraio 2016

L'adolescente e la musica

. La musica è l’arte dei suoni che vengono prodotti dagli strumenti musicali e dalla voce; essa è soggetta a subire influenze di vario tipo, dovute sia al contenuto culturale che al gusto o all’estro dell’artista. I primi studi sulle risposte emotive alla musica risalgono al 1936, quando la psicologa e musicologa Kate Heiner dimostrò che vi sono due elementi essenziali che il nostro cervello utilizza per elaborare una risposta emozionale alla musica: il MODO, cioè la tonalità (Maggiore/minore), e il TEMPO, vale a dire la velocità di esecuzione (Veloce/lento). Si è così notato che dalla combinazione del modo e del tempo l’uomo ricava delle emozioni che possono essere forti o deboli a seconda dell’intensità e del tipo della musica ascoltata e che causa: Serenità, Allegria, Tristezza, Paura. Che queste risposte emotive siano comuni a tutti, è dimostrato da un altro importante esperimento compiuto in tempi più recenti all’università di Montreal da Isabelle Peretz. Questa studiosa ha registrato le modificazioni indotte dalla musica su vari parametri fisiologici, come la pressione del sangue, la frequenza cardiaca e la conduzione elettrica della pelle (la cosiddetta reazione elettrodermica). In questo esperimento un gruppo di soggetti è stato sottoposto all’ascolto di diversi brani musicali che erano classificati come allegri, sereni, paurosi e tristi. Si è dimostrato che le musiche producevano il medesimo effetto in tutti gli ascoltatori, indipendentemente dal giudizio soggettivo dei vari partecipanti. Ad esempio i brani classificati come paurosi erano quelli che determinavano la maggiore reazione cutanea, caratterizzata da un rilevante incremento della sudorazione. Il fatto che queste risposte fisiologiche siano indipendenti dai giudizi soggettivi dimostra che l’ascoltatore non è necessariamente consapevole dell’effetto che la musica esercita su di lui e ci fa intravedere quale potere la musica ha sui nostri comportamenti. Il viaggio dei suoni nel nostro cervello I suoni sono fenomeni fisici in grado di influenzare tutte le cose con cui vengono a contatto. Suoni di particolari frequenze, possono ad esempio rompere un vetro; mentre, altri, possono risultare impercettibili all' orecchio umano. Studi recenti sostengono che persino la crescita delle piante può essere influenzata dal tipo di musica che si suona nelle vicinanze. I suoni acuti sono generati da vibrazioni molto rapide, quelli bassi corrispondono a vibrazioni lente; l’orecchio umano e' in grado di percepire suoni con una frequenza compresa tra 30 e 20.000 vibrazioni al secondo (Hertz o Hz). La musicoterapia: (1 Samuele 16:14-23) Che la musica (e il canto) sia così importante e condiziona fortemente ogni individuo, è dimostrato anche dalla tecnica cosiddetta della musicoterapia,che utilizza la musica come strumento terapeutico, grazie ad un impiego razionale dell’elemento sonoro, allo scopo di promuovere il benessere dell’intera persona, corpo, mente, e spirito. Oggi vi sono diversi approcci alla musicoterapia, diverse metodologie, che hanno prodotto diverse musicoterapie, con un ampio spazio che va dall’approccio pedagogico, a quello psicoterapeutico a quello psicoacustico. Anche nel campo del regno animale è stato sperimentato l’importanza della musicoterapia. Ad esempio una buona musica classica fa fatto produrre una quantità maggiore di latte a delle mucche, in una fattoria del nord Italia sottoposta ad esperimento. La musica è un linguaggio “… quando le stelle del mattino cantavano tutte assieme e tutti i figli di Dio alzavano grida di gioia?” (Giobbe 38:7) La musica è un linguaggio non meno importante di quello visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti propri di ogni individuo. Come il linguaggio verbale, anche la musica è uno dei fondamenti della nostra civiltà. L’uomo costruì i primi strumenti musicali molti anni fa. Il documento più antico lo si trova proprio nella Bibbia. Il primo testo lo troviamo in Genesi 4:21 dove viene citato Jubal, padre di tutti quelli che suonano la cetra e l’arpa. Nacquero poi diversi strumenti musicali: Cordofoni: Chitarre, Arpe, cetre, violini, violoncelli ecc. (Daniele 3:7); Gli Aereofoni: Trombe, Tromboni, Flauti, Oboi, Clarinetti (Numeri 10:1-10); Percussione: Tamburi, Timpani, cembali (Salmo 150) Ma perché i nostri antenati incominciarono a fare musica? Quali vantaggi ne ricavavano? Oggi gli antropologi mettono in primo piano la capacità della musica di cementare una comunità, scandendone i ritmi e rinsaldando i legami fra i suoi membri. Essa garantirebbe la coesione sociale e la “sincronizzazione” dell’umore dei componenti di un gruppo, favorendo così la preparazione di azioni collettive. Esempi attuali dell’utilizzo della musica in questi termini sono le marce militari, i canti religiosi, gli inni nazionali ecc. Effetto Mozart Nel 1993 è stato dimostrato con un famoso esperimento pubblicato sulla rivista scientifica NATURE che la musica di Mozart è in grado di migliorare la percezione spaziale e la capacità di espressione. Ottantaquattro studenti furono suddivisi in 3 gruppi e sottoposti all’ascolto di 3 musiche diverse:  il primo gruppo ascoltò musica easy-listening, (facile ascolto)  il secondo ascoltò una sinfonia di Mozart,  il terzo non ascoltò musica ma solo silenzio. Subito dopo l’ascolto i 3 gruppi furono sottoposti a una prova di ragionamento spaziale tratto da un test di intelligenza riconosciuto internazionalmente, lo Stanford-Binet. I risultati furono stupefacenti: il gruppo che aveva ascoltato Mozart prima del test, ottenne un punteggio mediamente superiore di 10 punti rispetto agli altri. Tale effetto aveva però una durata di soli 15 minuti dopo l’ascolto. Si parla perciò di EFFETTO MOZART. Uno dei maggiori studiosi del suono dal punto di vista medico, il francese Alfred Tomatis è stato il primo a sostenere che la musica mozartiana è in grado di produrre un miglioramento delle abilità cognitive dell’individuo, attraverso lo sviluppo del ragionamento spazio-temporale. L’influenza della musica: La musica di ogni genere esercita una grande influenza su chi l’ascolta. Un vero potere che può essere impiegato per uno scopo buono, cattivo oppure malvagio. La musica quindi può produrre un effetto emozionale sano che eleva i sentimenti, oppure un effetto emozionale dannoso che provoca ben altre conseguenze. È stato scientificamente provato che la musica colpisce direttamente il sistema nervoso, il sistema circolatorio e quello digestivo ed esercita influenza sui muscoli, ghiandole, ecc



"Nell'esperienza a scuola  con adolescenti per la conoscenza e la gestione delle emozioni, dei sentimenti non si poteva non parlare del meraviglioso e in parte ancora misterioso incontro fra emozioni e musica
Dei ragazzi presero subito la parola,che nel programma godeva del suo riconoscimento  come diritto, e disse che essendo un deejay  nel prossimo incontro avrebbe portato della musica riferita alle varie emozioni.
L'insegnante di lettere ottenne il permesso di usare una stanza dove si poteva fare musica senza disturbare le  classi vicine.
Lo studente-deejay  ci fece ascoltare brani mettendoli in relazione alle varie emozioni;gioia, rabbia, tristezza, amore...
Tutta la classe partecipò con grande interesse e divertimento e quella volta mi piacque ascoltare, ascoltare per comprendere meglio un mondo dove i ragazzi entrano quando li vediamo sempre con le cuffiette e ribadire ancora una volta quanto è importante la musica nella scuola!" dott.ssa Adriana Rumbolo

La musicoterapia e il parkinson



La musica è più potente di quel che si possa credere e non è soltanto uno svago o un modo per passare il tempo. La sua efficacia nel trattamento di alcuni disturbi è stata più volte oggetto di ricerche e, oggi, un nuovo studio suggerisce addirittura che la musica possa aiutare i pazienti colpiti da danni cerebrali a riprendere alcune facoltà intaccate come, per esempio, il parlare o il camminare.

Nello specifico, le canzoni aprono la via a nuovi percorsi cerebrali di linguaggio che eludono le aree del cervello danneggiate.
“Si è sempre pensato che la musica fosse qualcosa di superfluo, e non si capiva perché si è sviluppata dal punto di vista evolutivo – commenta a Discovey News, Michael De Georgia, Direttore del Centro di Musica e Medicina alla Case Western Reserve University, University Hospitals Case Medical Center di Cleveland – Negli ultimi 10 anni, abbiamo appena iniziato a capire in che modo sia ampio e diffuso l’effetto della musica in tutte le parti del cervello. Stiamo appena iniziando a capire come la musica possa essere potente. Non sappiamo quali sono i limiti”.

Ma gli effetti della musica sulle persone malate sono noti già da molto tempo. Una musicoterapista dell’Università del Wisconsin Eau Claire, dottoressa Anna Lee Rasar, ha ricordato come la musica delle Big Band avesse aiutato i veterani della Seconda Guerra Mondiale a riprendere le forze fino ad alzarsi e camminare di nuovo.
 Da allora gli studi si sono fatti più approfonditi, fino a comprendere come vi fosse uno schema coerente derivante dall’ascolto della musica. Detto schema mostra come un ritmo particolare possa stimolare la deambulazione nei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson, colpiti da ictus o altri danni al cervello.

Il ritmo delle note musicali permette alle persone di ritrovare un passo simmetrico e il senso dell’equilibrio. Tutto ciò avviene in modo che il segnale uditivo trasmesso dal battito ritmico sia interpretato dal cervello ed elaborato in modo da anticipare il tempo musicale e regolare i passi.

 Sebbene quanto avviene non sia del tutto chiaro, ciò che invece risulta chiaro è che la musica ha un effetto tangibile sul cervello.

Una delle ipotesi più accreditare è che le aree del cervello interessate dalla musica siano molte, a differenza di quelle del linguaggio che invece sono solo due. Creando nuovi percorsi neuronali, i pazienti, grazie alle canzoni e alle note musicali, possono ripescare dalla memoria parole già ascoltate e usate: in questo modo possono crearsi nuove connessioni per il linguaggio perduto.

Secondo la dottoressa Caterina Wan, neurologo alla Harvard Medical School, anche se gli studi sono solo all’inizio questa teoria ha molto senso, e lo ribadisce citando un proprio studio in cui si è mostrato come la musicoterapia abbia aiutato dei bambini autistici che non parlavo del tutto ad articolare parole e frasi in modo migliore.

 “Per quanto sia, vorrei dire che la musica è un mezzo potente, io penso sia importante per le persone, tanto da testarla rigorosamente per cercare di comprendere davvero quali siano i componenti che contribuiscono agli effetti”, conclude Wan.

Ecco dunque una serie di prove che possono fa cambiare idea a chi, fino a oggi, riteneva la musica soltanto un qualcosa atto a rallegrare momenti della giornata o come sottofondo alle diverse attività. Secondo questi ricercatori la musica è invece un potente mezzo da comprendere sempre più per poterlo sfruttare al meglio e ottenere grandi benefici sia psichici che fisici.

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giovedì 11 febbraio 2016

Una importantissima scoperta e una parola chiave

La genesi
Un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze agrarie, degli alimenti e dell'ambiente dell'Università di Foggia ha messo a punto un rivoluzionario metodo attraverso cui vengono modificate le proteine del glutine, che subiscono cambiamenti tali da non scatenare – nel soggetto affetto da celiachia – la cosiddetta “cascata infiammatoria”, meglio nota come «intolleranza al glutine». In altri termini, l'intolleranza è scongiurata grazie alle modifiche apportate al glutine, per cui gli alimenti oggi categoricamente vietati ai celiaci saranno di fatto commestibili. Una scoperta sensazionale, che potrebbe generare una vera e propria rivoluzione nell'industria alimentare destinata ai celiaci
 .La domanda di brevetto
La domanda di brevetto di questa scoperta – opera dell'ingegno e dell'applicazione del prof.Luccia e della prof.ssa Carmen Aldo Di  Lamacchia coadiuvati dalla ricercatrice del CNR dott.ssa Carmela Gianfrani – è stata depositata in Italia all’Ufficio italiano brevetti e marchi (presso il Ministero dello sviluppo economico) in data 2 ottobre 2012, mentre la relativa domanda di estensione internazionale secondo il Patent Cooperation Treaty (PCT) è stata depositata lo scorso 29 aprile 2013. Entrambe hanno conseguito una valutazione assai positiva con l'attribuzione della soglia più elevata della cosiddetta “credibilità scientifica”. Non è stata riscontrata, infatti, alcuna anteriorità rispetto all’invenzione, che perciò si caratterizza per la sua “novità” a livello internazionale. Le valutazioni dell’altezza inventiva e la sua applicabilità industriale hanno ricevuto esito pienamente favorevole, così da lasciar prevedere una concessione piena del titolo di proprietà industriale a livello nazionale e internazionale. Il fatto che alla domanda di brevetto – di cui è titolare in via esclusiva proprio l'Università di Foggia – non sia stato mosso alcun rilievo sugli aspetti tecnico-produttivi, oltre che su quelli scientifici, depone decisamente in favore della traducibilità di questa scoperta in applicazione industriale: quindi della sua commerciabilità. «Al momento – argomenta il responsabile dell'Area ricerca e relazioni internazionali dell'Università di Foggia, dott. Giovanni Lovallo –sono in corso le procedure per l'estensione della tutela del Brevetto in tutti i Paesi del mondo, proprio perché l'Ateneo, dopo lunga, cauta e soprattutto accurata riflessione, ritiene di essere in possesso di una scoperta scientifica che potrebbe modificare radicalmente le abitudini alimentari dei celiaci. Non siamo in grado di dire, con esattezza matematica, se questo brevetto verrà trasformato in produzione industriale, ma abbiamo l'obbligo etico e scientifico di proteggerne la proprietà intellettuale».

Ho ascoltato ieri pomeriggio durante la trasmissione "geo&geo" un'intervista alla ricercatrice prof.ssa Carmen Lamacchia .
Dopo avere spiegato molto bene  i   risultati ottenuti e la loro applicazione che rivoluzionerà la dieta alimentare del celiaco,  con serenità,  ha risposto ad alcune domande della giornalista sulla sua vita privata-
Ha parlato dei  suoi studi con parentesi anche in Inghilterra, il ritorno in Puglia, il matrimonio , i tre figli, l' apertura di un laboratorio in casa quando l'ultima gravidanza le ha proibito  di frequentare il laboratorio ufficiale per tutelare la gravidanza stessa.
La giornalista Sveva Sagramola le ha chiesto,  piena di ammirazione ;come ha potuto fare tante cose tutte importanti?.
La risposta :ho avuto l'appoggio di mio marito e l'aiuto di tutti i nonni
.La giornalista ha proseguito;Nella sua ricerca .come donna ,come ha superato bene eventuali e inevitabili ostacoli e piccoli scontri con i colleghi?
La risposta;non è stato difficile, mio padre mi ha educata  perchè  io raggiungessi la mia AUTONOMIA che mi è stata sempre utile.
Peccato che le femministe cercarono di riscattare solo la libertà sessuale!
AUTONOMIA è la parola chiave che modula nella donna l'accudimento,  meravigliosa attitudine quando un bambino è piccolo, ma ingombrante e frenante dell'autostima  quando è troppa.
Sempre l'autonomia  permette di convivere con un sano egoismo senza sensi di colpa  che   sono spesso presenti nei femminicidi.
Dott.ssa Adriana Rumbolo