Devo alla piccola Carla, di tre anni, lo spunto per
questo post . Per Carla la “manna” non è il cibo che Dio fece piovere
dal cielo per sfamare gli Ebrei durante la loro fuga dall’Egitto ma, più
semplicemente, la condensazione fra le parole “mamma” e “nonna”.
Questo piccolo e grazioso neologismo è come un pesciolino colorato che nasconde
un aculeo tra le pinne dorsali e quindi, se maneggiato male, può pungere. Sono
stati scritti molti libri sulla famiglia e sulle funzioni genitoriali, eppure
non mi è mai capitato di vedere questo nome simbolo di un confine poco chiaro
fra mamma e nonna che potrebbe essere un segno dei tempi, dal momento che le
“manne” mi sembrano in aumento, sia perché le nonne sono sempre più arzille e
in grado di contrastare l’aumento dell’età media della maternità, sia perché le
mamme si sentono sempre più in difficoltà, per i contratti di lavoro sempre più
precari e per una cultura e un welfare, che non sono ancora in grado di
proteggere un periodo particolare e fondamentale della vita come la gravidanza
e il puerperio.
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