lunedì 23 giugno 2014

L'amore guarisce

L'amore è un antidoto. Per le malattie dell'anima ma anche per quelle del corpo. Nel libro "l'Amore che fa vivere" il cardiologo californiano Dean Ornish dimostra, attraverso dati scentifici e statistici che è possibile curare gravi cardipatie e prevenire il cancro, l'infarto, e persino le tossicodipendenze lavorando sulle relazioni affettive, familiari e sociali. E anche su quelle fra medico e paziente. "Le varie scuole di medicina alternativa", afferma Ornish, "presentano quasi tutte un elemento comune: il terapeuta passa molto tempo con il malato, lo ascolta, instaura con lui un contatto umano che lo fa sentire confortato e assistito". Così si instaura il fattore-fiducia, primo passo verso la possibilità di guarigione. Nel suo libro il cardiologo sottolinea le carenze della medicina ufficiale, raccontando che i veloci miglioramenti riportati dai suoi pazienti sono dovuti al fatto di aver "acquisito una nuova modalità comunicativa, che ha migliorato i rapporti affettivi", e di aver "scoperto compassione ed empatia nei confronti di se stessi e degli altri".

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 In altre parole, oltre a ingerire pastiglie - spesso diminuendo i dosaggi invece di aumentarli - i malati si sono posti in modo differente nei confronti del mondo esterno. Ornish ammette che è davvero difficile portare avanti una simile filosofia di cura, soprattutto in ambienti molto tradizionali. Ma a spingerlo a continuare sono i numerosissimi pazienti che chiedono di seguire il suo protocollo. Al punto che negli ultimi tempi anche la medicina ufficiale sta mutando atteggiamento verso queste terapie. Il pensiero di Ornish è, invece, da sempre in linea con la scuola di medicina antroposofica. Il mondo scientifico ci ha sempre abituati a pensare al corpo in termini esclusivamente meccanici, biochimici. "Invece il cuore non è una semplice pompa", spiega l'antroposofo Francesco Casu. "Gli organi hanno una loro capacità di percezione, una sorta di anima". E se si ammalano, è perché stanno cercando di comunicarci qualche cosa. "Il dolore è un messaggero", ammonisce Dean Ornish. "Se ci limitiamo a eliminarlo non guariremo mai del tutto".

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