La storia: una mamma mi
racconta che qualche sera prima, per la prima volta, ha chiamato il suo
bambino di cinque anni a darle una mano a preparare la cena. Il bambino guardandosi
intorno: potrei pelare le patate, e subito inizia. La mamma vede con grande
sorpresa che suo figlio si muove e opera con grande disinvoltura e un ottimo
risultato.
Ha una folgorazione: ma quante
cose mio figlio saprà fare, che io non so?
Questa riflessione riassume
il rapporto che si era creato fra mamma e figlio durante la sua crescita. La mamma si rende conto che, mentre
lei si trasformava, in buona fede, in mamma “ombrello invasivo”: protegge
previene interviene, lo tiene ancora nel lettone con sé (è una mamma single).
Tutto questo a volte è faticoso,
impegnativo ma lei è gratificata dalla certezza di dare al figlio il
meglio di se stessa.
E’ una rapporto madre-figlio che
resiste nel tempo anche se molto dannoso e se non è proprio la mamma a cambiare
atteggiamento dando al figlio fiducia e tempo perché possa
interagire con l’ambiente, con i compagni con tutto quanto stimolerà la sua
curiosità, il suo interesse acquisendo la percezione cosciente delle risorse
del suo corpo, della sua fantasia, dei suoi meccanismi difensivi, niente
cambierà.
Il bambino invece impedito nelle sue
esperienze esplorative