sabato 26 gennaio 2013

Un falso meccanismo difensivo.

L'ho conosciuto,io bambina ,lui studente universitario
.Quando veniva a pranzo da noi era una festa
.Amavamo ascoltarlo parlare dei suoi progetti che non erano solo di studi , ma di  sogni sociali,  ideologie che facevano dimenticare perfino le lasagne sulla tavola

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.Sapevamo che prima o poi  la sua voce  e tutto il corpo avrebbe parlato del   rapporto conflittuale , carico di tensioni con il padre
.Non potevamo che rimanere  in silenzio ,perchè riferiva   una realtà che conoscevamo bene
.Ci auguravamo solo che il suo futuro serebbe stato più sereno  e che il nostro affetto , la nostra stima lo avrebbero  aiutato
.Si sposò ed ebbe dei figli
.Era andato ad abitare lontano e per molti anni non ebbi sue notizie.
Quando lo rincontrai fu per me un grande  piacere, ma non durò a lungo.
Percepivo sempre più nel suo atteggiamento,  modi di dire,  di fare che ripetevano esattamente quelli del padre proprio  quelli che gli avevano causato tante sofferenze.
La mia attenzione presto fu coinvolta anche e soprattutto dal rapporto che aveva con il primo figlio.
Si rivolgeva a lui con le stesse parole, con la stessa durezza,  con lo stesso desiderio di screditarlo come aveva fatto anni addietro, suo padre con lui.
E nello sguardo del ragazzo la stessa  sofferta    tristezza di quando lui,giovane universitario, veniva  a pranzo da noi
Forse anche il  ragazzo stava  introiettando  la dittaura paterna come estremo meccanismo difensivo  danneggiando il suo "io" che avrebbe continuato a mandare  segnali di forte disagio per non aver potuto esprimersi armoniosamente.
Purtroppo ,nella famiglia si verifica spesso  e non è facile anche con una terapia cognitivo-comportamentale cancellare un danno così grande quando mette radici in un bambino
Dott.ssa Adriana Rumbolo

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