martedì 27 luglio 2010

Il cervello nella scuola.Così è cominciata la mia esperienza nella scuola.

[15/06/2009]

Tutto è cominciato in una tranquilla mattina di novembre.
Una classe aspetta pronta alla difesa di immagine: perché questi incontri? Non siamo mica matti!
Noi non abbiamo problemi!
Di colpo la novità: non sarebbero stati sottoposti a test, né osservati, giudicati, catalogati, ma gli
sarebbe stato offerto un mare di informazioni “scientifiche” sul cervello, dove ognuno avrebbe
potuto attingere a seconda dei propri bisogni, dei dubbi da chiarire, delle curiosità a cui rispondere e con il diritto alla parola.
Sì, gli è stato anche detto che tutto sarebbe avvenuto nel rispetto delle regole di una buona convivenza: l’ hanno trovato un patto accettabile.
E la storia del cervello è iniziata: interessante, veloce, con precisi riferimenti alle funzioni che svolgeva via via che proseguiva nel suo percorso antropologico. (La teoria dei tre cervelli di Paul MacLean: il cervello rettile, emotivo, neocorteccia o cervello pensante).
Un documentario sull’evoluzione umana, divulgato in televisione da Piero Angela, racconta quando l’ uomo pianse per la prima volta alla morte della compagna.
Forse è stato il “vagito” del cervello emotivo, oppure no, ma è stato bello immaginarlo.
I ragazzi stentano a credere che le loro emozioni, a cui non attribuivano né un’esistenza né un nome, abbiano sede soprattutto nel cervello e soprattutto che tutti le abbiano.
"Ah! Si chiamano emozioni!" quelle reazioni a volte chiare, a volte confuse, a volte incontrollabili: scatti improvvisi di rabbia, entusiasmo ingestibile, timidezza insuperabile, paure, desideri "tutto e subito", aggressività esplosiva che spaventa e il bisogno sempre e comunque di comunicare.
… E le emozioni, come si mostrano?
Scrive Damasio: "Le emozioni usano il corpo come teatro…".
Capita proprio in classe un episodio che ci aiuta a comprenderlo. Entrano due ragazzi di una sezione diversa per dare una informazione.
Una studentessa alla vista dei due e in particolare di uno dei due, scompare dentro il banco. Quando, finita la comunicazione, i ragazzi se ne vanno, la studentessa dai lunghi capelli ricci, riemerge tutta rossa in volto.
I compagni ridono, ma vengono subito bloccati, perché c’è una dimostrazione in corso: la visibilità della grande emozione è espressa in parte dal rossore del viso della fanciulla, rossore che da quel momento avrà il diritto di cittadinanza tra i banchi di scuola.
Poi nella studentessa ci sarà un rientro dell’emozione che la coscienza trasformerà in sentimento.
Era arrivato il momento di parlare specificatamente delle emozioni primarie: paura, rabbia,
tristezza, gioia, disgusto, sorpresa.
Queste inclinazioni biologiche presenti fin dalla nascita e forse anche prima, necessarie alla
sopravvivenza e protagoniste della comunicazione, non sfuggono all’influenza dell’esperienza
personale della cultura.
Proprio nella socializzazione potrebbero verificarsi sofferenze emozionali che potrebbero esprimersi in indifferenza, disinteresse, inattività, comportamenti a rischio per se stessi e gli altri,
disturbi della memoria e del giudizio.
Scrive LeDoux: "Ci vuole igiene emotiva per conservare la salute mentale e i disturbi mentali riflettono per lo più un ordine emotivo infranto".
Ora per i ragazzi è facile collegare i "disordini emozionali" e tanti loro malesseri. Ecco perché mi sudano le mani, ecco perché sbatto gli occhi, ecco perché non riesco a riportare per il cambio un acquisto difettoso e le tante paure sociali: paura di perdere il proprio passato (sindrome di Pollicino), paura di non essere all’altezza delle aspettative degli altri… paura di non poter dire la propria opinione o di non potersi ribellare a qualcosa o a qualcuno etc.
Scrive uno studente di 15 anni: "la paura sociale è quella cosa che primeggia nei nostri cervelli…" Finalmente prendendo coscienza di sé è come se fossero entrati nel loro castello dove la conoscenza scientifica ha sostituito l’elettricità.
Scriveva Pirandello: "E la chiaria cresceva, cresceva…". E poi la neocorteccia.
Ai ragazzi è stata descritta come un casco, termine a loro familiare, che avvolge il cervello con numerose e profonde pieghe e ha anche questo compito meraviglioso: raccogliere tutte le nostre conoscenze, le nostre esperienze.
Però il cervello non può fissare tutti i dati che gli arrivano, sono troppi.
La memoria allora a seconda della qualità e della quantità emotiva del dato in corso, tratterrà il ricordo per una manciata di secondi (memoria sensoriale) o per una ventina di minuti (memoria breve) o per tutta la vita memoria a lungo termine): in questo modo si formerà il nostro sapere.
Le nuove conoscenze li avevano rassicurati e l’autostima era cresciuta.
Il pensiero si intreccia con l’emozione e le emozioni scorrono nel corpo nell’inscindibilità mentecorpo e poi tutta l’unità mente-cervello-corpo può favorire una vita più cosciente e piena e soprattutto nei soggetti in crescita la prevenzione di varie forme di disagio che spesso avvicinano i ragazzi a scorciatoie facili e facilmente disponibili: alcool, droga, piccola criminalità etc.

Ora i ragazzi scrivevano sulla lavagna
relazionare = esistere.

Bibliografia
A.R.Damasio "Emozione e Coscienza"
Adelphi
J.LeDoux "Il cervello emotivo"
Baldini Castaldi Dalai editore
L. Pirandello "Novelle per un anno"
A. Mondatori editore
A.Rumbolo "Io non ti salverò"
Ed. Del Cerro
Sitografia:
Parallel Memories: Putting Emotions Back Into The Brain
A Talk With Joseph LeDoux [2.17.97]
http://edge.org/3rd_culture/ledoux/ledoux_p1.html [1]
CNFA - Center for Neuroscience of Fear and Anxiety
www.cns.nyu.edu/CNFA/ [2]
LeDoux Laboratory
www.cns.nyu.edu/home/ledoux/ [3]
António Rosa Damásio
www.usc.edu/programs/neuroscience/faculty/profile.php?fid=27 [4]
Brain and Creative Institute - University of California
www.usc.edu/schools/college/bci/ [5]
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http://www.lswn.it/miscellanea/articoli/il_cervello_nella_scuola
Links:
[1] http://edge.org/3rd_culture/ledoux/ledoux_p1.html
[2] http://www.cns.nyu.edu/CNFA/
[3] http://www.cns.nyu.edu/home/ledoux/
[4] http://www.usc.edu/programs/neuroscience/faculty/profile.php?fid=27
[5] http://www.usc.edu/schools/college/bci/
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commons by-nc-sa 2.5 ISSN 1827-8922

2 commenti:

  1. Dovrebbero le scuole, visto che hanno autonomia, fare più lezioni di neuroscienza perché i ragazzi sono bombe emotive.
    Leggendo il tuo resoconto pensavo che molti concetti sono espressi nel buddismo, la cui soluzione èbla pratia della calma mentale.
    ho un articolo da leggere adesso sulla neuro letteratura. Ti dirò se è interessante.
    Buona serata
    Mario Cantella

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    1. Grazie ,Mario.Iragazzi hanno uha grande capacità di capire e di capirsi e più si tarda a dare loro delle informazioni e maggiori saranno le problematiche e i disagi a danno loro e altrui.Adriana

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