venerdì 2 agosto 2013

Il dono di un lobo frontale

Che ne siamo consapevoli o no, produciamo dei cambiamenti volontari nel nostro cervello. Il fatto che si scelga di generare stati interiori di empatia e compassione o di ostilità e giudizio implica cambiamenti diversi nello stesso


Annalisa Faliva - www.ilcorpoinmente.it - 08/01/2009

Il DONO di un LOBO FRONTALE
                                   



La nuova concezione dell'organismo come una rete di informazioni e la realizzazione che il nostro cervello cambia costantemente a seconda dei nostri pensieri, valori, atteggiamenti, stati d'animo, azioni, gesti ecc. sono scoperte di fondamentale importanza e presentano implicazioni
significative. Nella visione meccanicistica di Newton, dove il corpo era visto in termini di energia e materia, ben poco margine rimaneva per la flessibilità, il cambiamento e la modulazione dell'intelligenza

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Ora sappiamo che mettersi seduti a visualizzare qualcosa che ci aiuti a uscire da uno stato interiore negativo o insano, significa esercitare un controllo sul cervello che lo fa cambiare. Che ne siamo consapevoli o no, stiamo producendo continuamente dei cambiamenti volontari nel nostro cervello. Il fatto che si scelga di generare stati interiori di empatia e compassione o di ostilità e giudizio implica cambiamenti diversi nel cervello. Se il nostro cervello non è composto da strutture rigide e fisse come pensavamo precedentemente ma è così duttile e plastico da trasformarsi costantemente a seconda di ciò che pensiamo o facciamo, allora acquisire abitudini di un certo tipo rispetto ad altre diventa fondamentale.

La reiterazione di gesti e comportamenti, se supportata abbastanza a lungo, crea nuovi percorsi neuronali che sosterranno nuovi comportamenti e nuove percezioni. Scopriamo che il modello che abbiamo ricevuto in dotazione è predisposto per nuove infinite possibilità potenziali.
Cambiare abitudini indesiderate, modi di pensare frutto di condizionamenti negativi, attitudini emozionali distruttive, ecc. alla  luce delle recenti scoperte della neuroscienza diventa un processo non soltanto molto più possibile di quanto non apparisse in passato, ma appassionante.

La zona dei lobi frontali e prefrontali del cervello pensante assume un nuovo ruolo. Questa parte della neocorteccia, che riguarda alcune forme di ragionamento e l'attivazione di certi tipi di emozioni positive, ha dimostrato di poter intervenire a ridimensionare e inibire le reazioni istintive e spesso eccessive dell'amigdala legate agli antichi programmi di sopravvivenza. Aumentando le nostre capacità di riconoscimento (funzione del ragionamento) si accresce l'attivazione dei lobi frontali, il che può favorire certi tipi di emozioni positive. Quando si commettono violenze o atti socialmente dannosi l'attivazione dei lobi frontali risulta ridotta. Studi compiuti su individui che agiscono comportamenti istintivi antisociali senza curarsi delle conseguenze, dimostrano l'atrofia dei lobi frontali 26. Ne consegue che i pensieri che coltiviamo hanno il potere di rafforzare o indebolire le nostre emozioni positive, così come attivare e rafforzare zone del cervello che favoriscono un miglior equilibrio emozionale, o altre che invece lo destabilizzano, dipende da noi.

La medicina cinese chiama il cervello “cuore celeste” e riconosce sentire e pensare come processi in continua comunicazione dinamica che insieme vanno a costituire la struttura emozionale/cognitiva, sottolineando nell'uomo il modello olistico.

I lobi frontali sono in grado di compiere un'operazione molto complessa: quando ci focalizziamo su qualcosa, ci distacchiamo totalmente dall'esterno, quando siamo veramente impegnati con un concetto esso diviene neurologicamente parte del nostro essere. Il cervello si riformula allora per includere quei processi mentali come un nuovo tessuto del nostro essere, ed è in grado di creare un modello più vasto di idee basate su ciò che ha trovato utile nell'integrazione di esperienze passate. Quando diventiamo uno con l'idea, si acquietano tutte le altre zone della neocorteccia che sono associate con la consapevolezza del corpo e dell'ambiente. Così l'illusoria separazione dal resto del mondo si assottiglia... quando siamo uno con ciò che pensiamo e facciamo non siamo più separati, ma parte del Tutto.
A questo punto è importante menzionare una scoperta fondamentale sull'anatomia della cellula, che risale agli inizi degli anni Novanta ma che “stranamente” è poco conosciuta: i nostri geni non si autocontrollano, ma sono controllati dall'ambiente, come dimostra la nuova scienza dell'epigenetica. Prima si credeva che il nucleo che contiene il DNA fosse il “cervello” della cellula necessario al suo funzionamento.  Ma è stato verificato che la cellula può vivere e funzionare bene anche se il nucleo viene rimosso. Il vero cervello della cellula risulta così essere la membrana che reagisce e risponde alle influenze esterne, e si aggiusta in modo dinamico a ogni cambiamento dell'ambiente.

Questo significa che la trasmissione genetica, a cui la scienza ha sempre riconosciuto il ruolo primario nella trasmissione delle malattie, è responsabile della nostra salute e malattia soltanto marginalmente, per il 5%. Ciò che assorbiamo giorno per giorno nella prima infanzia sotto forma di programmi inconsci è la principale fonte del nostro profilo biologico ed è direttamente responsabile di come ci sentiamo e della nostra esperienza del mondo. I nostri geni sono sotto il controllo del sistema di credenze e convinzioni trasmesso dal sistema familiare e dalle influenze ambientali principalmente nei primi
6 anni di vita. I segnali ambientali a volte sono diretti, a volte sono interpretazioni; è allora che le percezioni si trasformano in sistemi di credenze e convinzioni. Per esempio, se in seguito a una percezione ho sviluppato una convinzione inconscia, la mia biologia si “aggiusta” su quella particolare convinzione. Credenze e programmi inconsci sono quindi responsabili della nostra salute, di come ci sentiamo e percepiamo il mondo. In altre parole sperimentiamo ciò che crediamo.

Bruce Lipton, il biologo della cellula a cui dobbiamo queste scoperte, è molto esplicito e afferma: “Non siamo vittime dei nostri geni, ma maestri del nostro destino” (27).
Nel suo libro Biologia delle credenze: liberare il potere della consapevolezza, della materia e dei miracoli (28), Lipton dice inoltre che il corpo/mente è progettato per autoguarirsi, ma noi occidentali in particolar modo possiamo accedere in modo molto limitato a questo potenziale, perché abbiamo sviluppato e consolidato credenze che cedono ai medici, gli “esperti”, il nostro potere. Per riprogrammare le nostre cellule Lipton parla degli strumenti di sempre: le tecniche di lavoro sull'inconscio per modificare le strutture di riferimento interne, la meditazione e tutto ciò che può favorire la consapevolezza e la presenza.

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