sabato 28 aprile 2012

Un buon CD è meglio del Prozac.Visualizza altro...


La musica agisce sulle nostre emozioni in maniera diretta, immediata.
E' questo il motivo per cui tutta l'arte aspira alla condizione della musica.
Un romanzo sollecita le nostre emozioni per ragioni che possiamo spiegare e descrivere.
Con la musica, invece, nessuna idea interferisce:siamo investiti dall'emozione e non stiamo a domandarci il perchè

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Non solo.
La musica attiva gli stessi centri cerebrali dell'oppio, del cioccolato e dell'orgasmo.
Studiando il cervello di chi è esposto alla musica per settimane, si è visto che è capace di incrementare la dopamina, la serotonina e altri neurotrasmettitori, esattamente come un antidepressivo di ultima generazione.
Così ascoltare un brano pop allontana la tristezza senza effetti collaterali, e ci aiuta pure a svegliarci, alzarci dal letto o a fare un po' di aerobica.
Rispetto al movimento, neuroscienziati fanno risalire il nostro irresistibile impulso a battere il tempo con le mani, i piedi e tutto il corpo al fatto che musica e danza anticamente erano connesse.
"Da un punto di vista evoluzionistico il cervello si è forgiato sulla musica, che probabilmente ha preceduto il linguaggio", interviene Daniel j. Levitin, ex ingegnere del suono di Carlos Santana e Chris Isaak e oggi psicologo cognitivo e autore di Fatti di Musica (Codice Ed.).
In questo modo ,per ragioni che non si conoscono fino in fondo,"la musica è collegata alle aree responsabili del movimento.
Quando un brano arriva  ai timpani, parte dal segnale, raggiunge la corteccia cerebrale responsabile del movimento, che comincia ad attivarsi anche quando siamo comodamente seduti in poltrona".

Il trucco dei Beatles

Ma come decodifichiamo una canzone?
"La prima cosa è il rapporto delle note", spiega Vincesco Tagliasco, docente di bioingegneria e autore  di L'esperienza(Codice Edizioni).
"Nel caso della musica il rapporto , che è forma, è anche il contenuto prevalente della percezione.
L' unicità di quest' arte è che ha per contenuto la sua stessa forma ".
Lehrer va più a fondo.
"Il cervello subisce una continua cacofonia di onde sonore e cerca schemi che lo aiutino a mettere ordine".
ascoltando un brano iniziamo un dialogo di attese e previsioni riguardo alla successione delle note-come quando indoviniamo il ritornello- che interessa una parte del lobo frontale, il BA47, collegato anche .
alle emozioni.
"i compositori lo sanno"dice ancora Lehrer."iniziano un pezzo introducendo uno schema(un accordo  tonico o una melodia)e poi cercano di evitarlo fino alla fine.
Più ci viene negato ciò che ci attendiamo, più piacere avremo quando ci sarà alla  fine concesso".
"Pensiamo ai Beatles, che hanno giocato con le convenzioni in modo intelligente", aggiunge Levitin, "Le loro canzoni piacciono e continuano a piacere perchè ci ricordano a livello subconscio, altre canzoni, e ci mostrano che esistono modi diversi di completare uno schema".
Insomma la percezione di una melodia, così come di un quadro, si fonda sull'astrazione, che permette al cervello di non essere schiavo dei particolari troppo dispendiosi da memorizzare.

Esperti a
cinque anni 

Detto questo il mistero dell'esperienza artistica rimane.
"Studiare l'attività neuronale non basta a capire cosa sia la percezione di un'opera d'arte", dice il neuroscieziato Vincenzo Gallese.
"Esistono enormi influenze culturali, storiche, legate alla personalità di chi guarda o ascolta, che non possono essere ridotte al funzionamento di un gruppo di neuroni".
Ma oggi grazie alle conoscenze che abbiamo sulla plasticità delle reti neuronali, ossia la capacità che le connessioni tra  neuroni hanno di rinforzarsi in seguito all'esperienza, il rapporto fra cultura e natura si presenta più intricato di quanto si credesse.
"Se chi pratica danza classica assiste a una gara di rock acrobatico,  la sua attivazione neuronale sarà meno intensa rispetto a quando vade il Lago dei  cigni.
Mi riconosco  in qualcosa che ho davanti a me nella misura in cui il mio cervello risuona con quello che vedo".
Sebbene non si sappia come mai quello che è musica per una persona, per un'altra è puro rumore, si è appurato che tutti ,dall'età di 5 anni, sappiamo distinguere le stonature(in accordo alla nostra cultura) e ci fissiamo per un determinato genere verso i 14,15 anni.
Fino ad allora il cervello crea in continuazione nuove connessioni, dopo i 15 anni, quelle non necessarie vengono tagliare via.
E, dopo"cercare di abituarsi a un nuovo genere musicale è come imparare un linguaggio nuovo"dice Levitin.
La memoria musicale è incredibilmente forte.
"Anche tra i malati di Alzhaimer è l'ultima cosa ad andarsene".
"Magari non riconoscono il coniuge, ma riescono ad accennare le canzoni della giovinezza".


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