giovedì 21 febbraio 2013

Evviva la scuola, abbasso la squola

"la burocrazia vuole che tu debba iniziare nell'ignoranza e perseverare nonostante  la conoscenza"

Negli incontri individuali era inevitabile che alcuni studenti parlassero di sofferenze profonde, di situazioni di forte tensione e ansia, di preoccupazioni, di un segreto tenuto in silenzio per lungo tempo.
Con gli insegnanti ci siamo chiesti, come rispondere?

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Quando un soggetto (qui parliamo di un adolescente) vive un momento di intenso disagio che può essere caratterzzato  da cattivo riposo, da disordini alimentari da scoppi di ira e aggressività incontrollata, da ansia, da difficoltà a concentrarsi,  da tristezza profonda,  la scuola cosa può fare?
Era chiaro per me e i docenti che dovevamo subito  chiedere al soggetto se ne aveva parlato  con il suo medico di  famiglia , o con il proprio pediatra, o se aveva qualche esperto che lo stava seguendo fuori scuola o qualche centro a cui rivolgersi o se la famiglia ne era al corrente.
La famiglia spesso non se ne accorge o non se n'è accorta perchè, come spesso succede in questi casi e comportamenti sopra le righe vengono classificati  seguendo il percorso anedottico delle cronache familiari.
Maria ha l'ossessione dell'ordine perchè così era anche la zia  Giovanna.
Giuseppe non riesce a stare fermo perchè anche il nonno paterno non ci riusciva.
Il ragazzo ha un  tic perchè è dispettoso.
Ora questo può essere utile  come rferimento, perchè in ognuno ci possono essere delle  familiarità con vari tipi di disturbi, ma qualche volta  chiediamoci se questi disagi non abbiano anche una forte componente ambientale relazionale.
Si trascurano spesso  due aspetti :parlare con un esperto subito ed essere molto attenti alla situazione ambientale, di lavoro e di affettività in cui un soggetto vive.
La stessa cosa  avviene a scuola.
Questi ragazzi non avendo ancora parlato con nessuno delle loro difficoltà, ma avendo ben compreso, dagli incontri in classe che ognuno ha la possibilità di percorsi propri, di tempi emozionali propri e che tutti possono vivere momenti di difficoltà, riacquistando fiducia in sè  e nel rapporto con me e gli insegnanti decidevano di aprirsi a un dialogo sicuri di essere ascoltati, compresi e non giudicati.
Se un ragazzo prova a socchiudere la porta delle sue emozioni positive ,negative dei suoi problemi, dubbi, segreti, incertezze e vergogne ,sentendosi diverso ,più debole degli altri solo perchè entrando in un locale ha avuto un senso di vertigine mentre gli altri gli sembravano forti e perfetti o se si è sentito inferiore di fronte alla spregiudicatezza apparente di un compagno solo perchè non era in grado di fare altrettanto,è bene che trovi aperta la porta dell'ascolto e del dialogo.,
Resiste fortemente la "leggenda" che tutti i bambini sono felici e sereni:non si vuole credere  alla sofferenza psicologica dei ragazzi.
Con un insegnante ,prof.L.Rutigliano professore al distaccamento di Scandicci del "Liceo Artistico Alberti" di Firenze) che collaborava con grande passione, riguardo a un caso molto complesso abbiamo deciso di organizzarci per vedere che cosa la scuola poteva  o non poteva fare e quali risultati ci sarebbero stati
Il soggetto riferiva di disordini alimentari, disturbi ossessivo-compulsivi, riposo non buono e molta ansia.
Noi abbiamo pensato di trattare con il soggetto sul lavoro scolastico, stare con gli altri e le regole.
Se il soggetto la mattina arrivava con dieci minuti di ritardo perchè non aveva riposato bene e  prima di uscire di casa aveva dovuto compiere certi rituali e superare la grande difficoltà di riprendere il contatto con la vita , con il mondo, si poteva chiudere un occhio.
Un giorno l'insegnante mi telefonò perchè  questa studentessa aveva manifestato un forte stato di ansia
Per telefono la rassicurai e le chiesi il perchè di tanta ansia.
Mi  disse che il compito assegnatole lo sentiva sproporzionato alle sue possibilità.
Le risposi che io e l'insegnante ne avremmo parlato tenendo presente quanto ci aveva detto.
Con l'insegnante decidemmo che anche su questo si poteva  trattare.
L'insegnante  diminuì  il lavoro(sarebbe stato un errore non farle fare niente) e la studentessa  poi mi riferì che la comprensione dell'insegnante l'aveva aiutata a diminuire l'ansia,
L'nsegnante cercò anche di inserirla in un piccol gruppo di lavoro.
La studentessa proseguì e concluse l'anno scolastico.naturalmente la ragazza era sguita anche dal suo medico di base
Non è un dramma perdere un anno scolastico, ma per questi ragazzi in quei momenti è importantissimo rimanere nel tessuto sociale e avvertire che dalla società  da cui si vorrebbe fuggire può arrivare un aiuto, può aprirsi un dialogo.
Non dimentichiamo che quando una famiglia è in grave difficoltà la scuola può dventare un'alternativa sgnificativa.
Mentre per questa studentessa avevo  potuto dire"evviva la scuola" ,in un caso simile in cui la scuola rifiutò di ascoltare e di comprendere un'altra studentessa in grave difficoltà, con  dispiacere ho dovuto pensare"abbasso la squola".
Ci sono anche soggetti che rifuggono il dialogo pur mandando messaggi fragorosi   di forti disturbi relazionali, perchè evitano  le situazioni e perfino i pensieri che possono evocare i loro traumi.
Dott.ssa Adriana Rumbolo

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