venerdì 28 settembre 2012

L'ansia è una paura irrisolta?.

 La paura o fobia “sociale” primeggia  nei  nostri cervelli  ha scritto uno studente di quindici anni e la sua definizione, così precisa e di sintesi,  mi lasciò senza parole: era la verità

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 Causa  di  disturbi comportamentali, scolastici, relazionali, psicosomatici,    la paura o fobia  sociale (paura di non essere all'altezza delle aspettative degli altri, paura di non poter dire la propria opinione o di non potersi ribellare a qualcosa o a qualcuno, paura di non sentirsi accettato per come si è e tante altre...) originata da un trauma o da messaggi minacciosi e continui di una o più persone ,   copre di ombre sempre più spesse la psiche  del soggetto  per cui i messaggi del disagio diventeranno   più gravi   e  incomprensibili   
. Difficoltà scolastiche ,    rinunce frettolose  o  esplosioni di aggressività, sempre la paura "sociale"  all’origine. Perché questa  paura è tanto  potente e c’è seria difficoltà a identificarla ed accettarla?Forse perché blocca la crescita psicologica  trasformandola  in “adattamento passivo”   con  contrazione emotiva –cognitiva-corporea.  Il soggetto   smarrisce il diritto alla parola, non fa esperienza dei  suoi meccanismi difensivi,  non sa disporre di  sè,  perché non gode più  dell’equilibrio   emotivo , cognitivo, corporeo che la natura gli ha dato come guida nell’interazione ambientale e i suoi  conseguenzali   insuccessi si nutriranno di  sensi di colpa,   .
A questi bambini  non rimane che mettere a disposizione degli altri tutte le loro potenzialità non sapendo  più   goderne loro .
 La soluzione potrebbe essere :capire e vincere la paura e sdoganare la propria autonomia .  .
Peccato che, perché questo possa avvenire   ci vuole  tempo, tanto tempo, a volte una vita .. .Un ragazzo  di  dodici anni  ha detto:”la paura sociale  è una scultura senza  materia”.   La paura inoltre genera ansia e contagia  tutto il sistema emotivo,  il cervello e il corpo. Se abbiamo una paura reale l’ansia generata  si chiamerà prudenza e sarà positiva  ma se  la paura è sociale  l’ansia  piano,piano avrà due caratteristiche:la presenza costante  molto sgradevole di  un’attesa incombente negativa , gravi disturbi alimentari,  sessuali-affettivi,del sonno,  crisi di panico e tanti , tanti altri... L’antidoto potrebbe essere come si è scritto recuperare e rafforzare  l’autostima . Spesso la paura-sociale nasce  in famiglia nei primi anni di vita perché proprio in  quegli anni si stabiliscono le prime e più importanti relazioni emotive -affettive- cognitive  La scuola potrebbe fare qualcosa?Forse, si  .Il bambino nella scuola   trova una “famiglia”nuova,  più grande    con  più relazioni (cervello sociale ), l'insegnante  una nuova  figura adulta  di riferimento, la possibilità di  esprimersi, realizzarsi   in varie attività  in cui  una sana competizione potrebbe   aiutare l’autostima,  sfruttando l’interdipendenza  cognitiva - emotiva .L’insegnante, figura centrale,è il capogruppo da cui potrebbe dipendere in gran parte la qualità dei rapporti sociali fra i bambini , dovrebbe  essere ben conscia che una sua lode come un suo parere negativo lavorano costantemente  sull’autostima del ragazzo,Mantenere il suo prestigio, non penalizzando il dialogo  .Educare   le  emozioni perché  uno degli scopi fondamentali dell'educazione è interporre una tappa valutativa ,non automatica fra oggetti causativi e risposte emozionali. Ricordarsi l’unione mente-corpo permettendo alla classe di  potersi muovere spesso  anche in silenzio. Non  trascurare la creatività e  quando si insegna la matematica o la grammatica dovrebbe  adattare le regole a un percorso  già presente nel cervello: “ il percorso della logica”. Sto pensando alla mia prima esperienza d’insegnante. Ero veramente molto giovane  e nella scuola dove insegnava una delle mie sorelle erano, ad anno scolastico  inoltrato, rimasti senza l’insegnante di matematica .L’incarico fu proposto a me. Fatti due calcoli accettai .Arrivata a scuola con i miei soliti mocassini ,la gonna di tweed e un golfino,ma consapevole del mio ruolo per la prima volta entravo in una classe non da allieva. Mentre mi aspettavano, il preside per tenerli tranquilli,  gli aveva assegnato un compito. All’inizio mi guardavano incuriositi, poi dopo il primo impatto uno studente  si alzò, si avvicinò alla cattedra e mi chiese un chiarimento sul compito .Non sapevo la riposta ,ma fortunatamente ebbi un’idea(non avevo molta scelta e neppure molto tempo),chiesi ai ragazzi ,per favore ,un attimo di attenzione e dissi;”Ragazzi  ,se nel compito avete dei dubbi ,non preoccupatevi,andate avanti e fate come potete .Io poi prenderò i vostri fogli, nel pomeriggio li guarderò, così potrò vedere a che punto siete e quali temi sarà opportuno rispiegare .Forse ,nel passato, qualcuno aveva parlato così anche a me.
 Colmai velocemente le mie lacune,ma soprattutto  riuscii  ad entrare in un’ empatia così profonda  con i ragazzi che le mie spiegazioni o esercitazioni  essendo  nel  rispetto della naturale  logica del cervello  non trovavano barriere difensive  per cui i ragazzi potevano dare il meglio di sé con  soddisfazione e divertimento .L’autostima cresceva e la sua crescita beneficiava tutta la personalità dello studente L’incontro natura e cultura  non può essere penalizzato  da barriere inutili e resistenti,   spesso figlie della paura o fobia sociale.
Dott.ssa Adriana Rumbolo
 

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