La paura o fobia “sociale” primeggia nei nostri cervelli ha scritto uno studente di quindici anni e la sua definizione, così precisa e di sintesi, mi lasciò senza parole: era la verità
Continua a leggere
Causa di disturbi comportamentali, scolastici, relazionali, psicosomatici, la paura o fobia sociale (paura di non essere all'altezza delle aspettative degli altri, paura di non poter dire la propria opinione o di non potersi ribellare a qualcosa o a qualcuno, paura di non sentirsi accettato per come si è e tante altre...) originata da un trauma o da messaggi minacciosi e continui di una o più persone , copre di ombre sempre più spesse la psiche del soggetto per cui i messaggi del disagio diventeranno più gravi e incomprensibili
. Difficoltà scolastiche , rinunce frettolose o esplosioni di aggressività, sempre la paura "sociale" all’origine. Perché questa paura è tanto potente e c’è seria difficoltà a identificarla ed accettarla?Forse perché blocca la crescita psicologica trasformandola in “adattamento passivo” con contrazione emotiva –cognitiva-corporea. Il soggetto smarrisce il diritto alla parola, non fa esperienza dei suoi meccanismi difensivi, non sa disporre di sè, perché non gode più dell’equilibrio emotivo , cognitivo, corporeo che la natura gli ha dato come guida nell’interazione ambientale e i suoi conseguenzali insuccessi si nutriranno di sensi di colpa, .
A questi bambini non rimane che mettere a disposizione degli altri tutte le loro potenzialità non sapendo più goderne loro .
La soluzione potrebbe essere :capire e vincere la paura e sdoganare la propria autonomia . .
Peccato che, perché questo possa avvenire ci vuole tempo, tanto tempo, a volte una vita .. .Un ragazzo di dodici anni ha detto:”la paura sociale è una scultura senza materia”. La paura inoltre genera ansia e contagia tutto il sistema emotivo, il cervello e il corpo. Se abbiamo una paura reale l’ansia generata si chiamerà prudenza e sarà positiva ma se la paura è sociale l’ansia piano,piano avrà due caratteristiche:la presenza costante molto sgradevole di un’attesa incombente negativa , gravi disturbi alimentari, sessuali-affettivi,del sonno, crisi di panico e tanti , tanti altri... L’antidoto potrebbe essere come si è scritto recuperare e rafforzare l’autostima . Spesso la paura-sociale nasce in famiglia nei primi anni di vita perché proprio in quegli anni si stabiliscono le prime e più importanti relazioni emotive -affettive- cognitive La scuola potrebbe fare qualcosa?Forse, si .Il bambino nella scuola trova una “famiglia”nuova, più grande con più relazioni (cervello sociale ), l'insegnante una nuova figura adulta di riferimento, la possibilità di esprimersi, realizzarsi in varie attività in cui una sana competizione potrebbe aiutare l’autostima, sfruttando l’interdipendenza cognitiva - emotiva .L’insegnante, figura centrale,è il capogruppo da cui potrebbe dipendere in gran parte la qualità dei rapporti sociali fra i bambini , dovrebbe essere ben conscia che una sua lode come un suo parere negativo lavorano costantemente sull’autostima del ragazzo,Mantenere il suo prestigio, non penalizzando il dialogo .Educare le emozioni perché uno degli scopi fondamentali dell'educazione è interporre una tappa valutativa ,non automatica fra oggetti causativi e risposte emozionali. Ricordarsi l’unione mente-corpo permettendo alla classe di potersi muovere spesso anche in silenzio. Non trascurare la creatività e quando si insegna la matematica o la grammatica dovrebbe adattare le regole a un percorso già presente nel cervello: “ il percorso della logica”. Sto pensando alla mia prima esperienza d’insegnante. Ero veramente molto giovane e nella scuola dove insegnava una delle mie sorelle erano, ad anno scolastico inoltrato, rimasti senza l’insegnante di matematica .L’incarico fu proposto a me. Fatti due calcoli accettai .Arrivata a scuola con i miei soliti mocassini ,la gonna di tweed e un golfino,ma consapevole del mio ruolo per la prima volta entravo in una classe non da allieva. Mentre mi aspettavano, il preside per tenerli tranquilli, gli aveva assegnato un compito. All’inizio mi guardavano incuriositi, poi dopo il primo impatto uno studente si alzò, si avvicinò alla cattedra e mi chiese un chiarimento sul compito .Non sapevo la riposta ,ma fortunatamente ebbi un’idea(non avevo molta scelta e neppure molto tempo),chiesi ai ragazzi ,per favore ,un attimo di attenzione e dissi;”Ragazzi ,se nel compito avete dei dubbi ,non preoccupatevi,andate avanti e fate come potete .Io poi prenderò i vostri fogli, nel pomeriggio li guarderò, così potrò vedere a che punto siete e quali temi sarà opportuno rispiegare .Forse ,nel passato, qualcuno aveva parlato così anche a me.
Continua a leggere
Causa di disturbi comportamentali, scolastici, relazionali, psicosomatici, la paura o fobia sociale (paura di non essere all'altezza delle aspettative degli altri, paura di non poter dire la propria opinione o di non potersi ribellare a qualcosa o a qualcuno, paura di non sentirsi accettato per come si è e tante altre...) originata da un trauma o da messaggi minacciosi e continui di una o più persone , copre di ombre sempre più spesse la psiche del soggetto per cui i messaggi del disagio diventeranno più gravi e incomprensibili
. Difficoltà scolastiche , rinunce frettolose o esplosioni di aggressività, sempre la paura "sociale" all’origine. Perché questa paura è tanto potente e c’è seria difficoltà a identificarla ed accettarla?Forse perché blocca la crescita psicologica trasformandola in “adattamento passivo” con contrazione emotiva –cognitiva-corporea. Il soggetto smarrisce il diritto alla parola, non fa esperienza dei suoi meccanismi difensivi, non sa disporre di sè, perché non gode più dell’equilibrio emotivo , cognitivo, corporeo che la natura gli ha dato come guida nell’interazione ambientale e i suoi conseguenzali insuccessi si nutriranno di sensi di colpa, .
A questi bambini non rimane che mettere a disposizione degli altri tutte le loro potenzialità non sapendo più goderne loro .
La soluzione potrebbe essere :capire e vincere la paura e sdoganare la propria autonomia . .
Peccato che, perché questo possa avvenire ci vuole tempo, tanto tempo, a volte una vita .. .Un ragazzo di dodici anni ha detto:”la paura sociale è una scultura senza materia”. La paura inoltre genera ansia e contagia tutto il sistema emotivo, il cervello e il corpo. Se abbiamo una paura reale l’ansia generata si chiamerà prudenza e sarà positiva ma se la paura è sociale l’ansia piano,piano avrà due caratteristiche:la presenza costante molto sgradevole di un’attesa incombente negativa , gravi disturbi alimentari, sessuali-affettivi,del sonno, crisi di panico e tanti , tanti altri... L’antidoto potrebbe essere come si è scritto recuperare e rafforzare l’autostima . Spesso la paura-sociale nasce in famiglia nei primi anni di vita perché proprio in quegli anni si stabiliscono le prime e più importanti relazioni emotive -affettive- cognitive La scuola potrebbe fare qualcosa?Forse, si .Il bambino nella scuola trova una “famiglia”nuova, più grande con più relazioni (cervello sociale ), l'insegnante una nuova figura adulta di riferimento, la possibilità di esprimersi, realizzarsi in varie attività in cui una sana competizione potrebbe aiutare l’autostima, sfruttando l’interdipendenza cognitiva - emotiva .L’insegnante, figura centrale,è il capogruppo da cui potrebbe dipendere in gran parte la qualità dei rapporti sociali fra i bambini , dovrebbe essere ben conscia che una sua lode come un suo parere negativo lavorano costantemente sull’autostima del ragazzo,Mantenere il suo prestigio, non penalizzando il dialogo .Educare le emozioni perché uno degli scopi fondamentali dell'educazione è interporre una tappa valutativa ,non automatica fra oggetti causativi e risposte emozionali. Ricordarsi l’unione mente-corpo permettendo alla classe di potersi muovere spesso anche in silenzio. Non trascurare la creatività e quando si insegna la matematica o la grammatica dovrebbe adattare le regole a un percorso già presente nel cervello: “ il percorso della logica”. Sto pensando alla mia prima esperienza d’insegnante. Ero veramente molto giovane e nella scuola dove insegnava una delle mie sorelle erano, ad anno scolastico inoltrato, rimasti senza l’insegnante di matematica .L’incarico fu proposto a me. Fatti due calcoli accettai .Arrivata a scuola con i miei soliti mocassini ,la gonna di tweed e un golfino,ma consapevole del mio ruolo per la prima volta entravo in una classe non da allieva. Mentre mi aspettavano, il preside per tenerli tranquilli, gli aveva assegnato un compito. All’inizio mi guardavano incuriositi, poi dopo il primo impatto uno studente si alzò, si avvicinò alla cattedra e mi chiese un chiarimento sul compito .Non sapevo la riposta ,ma fortunatamente ebbi un’idea(non avevo molta scelta e neppure molto tempo),chiesi ai ragazzi ,per favore ,un attimo di attenzione e dissi;”Ragazzi ,se nel compito avete dei dubbi ,non preoccupatevi,andate avanti e fate come potete .Io poi prenderò i vostri fogli, nel pomeriggio li guarderò, così potrò vedere a che punto siete e quali temi sarà opportuno rispiegare .Forse ,nel passato, qualcuno aveva parlato così anche a me.
Colmai velocemente le mie lacune,ma soprattutto riuscii ad entrare in un’ empatia così profonda con i ragazzi che le mie spiegazioni o esercitazioni essendo nel rispetto della naturale logica del cervello non trovavano barriere difensive per cui i ragazzi potevano dare il meglio di sé con soddisfazione e divertimento .L’autostima cresceva e la sua crescita beneficiava tutta la personalità dello studente L’incontro natura e cultura non può essere penalizzato da barriere inutili e resistenti, spesso figlie della paura o fobia sociale.
Dott.ssa Adriana Rumbolo
Nessun commento:
Posta un commento