Ai ragazzi era piaciuto molto essere loro stessi i miei diretti intelocutori. Finalmente non avevano intermediari nel conoscersi e nell'interpretare il proprio sentire.......
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Era stato messo in silenzio il coro eterogeneo dei vari giudizi (padre, madre, insegnanti, allenatori sportivi compagni superficiali) molto diversi l'uno dall'altro per cui la voce dei ragazzi si perdeva.
Dopo gli incontri, i ragazzi si sarebbero scelti da soli i propri interlocutori ,perchè le emozioni hanno bisogno di racconto.
Ho detto, subito, loro quanto fosse indispensabile per ogni persona comunicare: con gli altri, con se stessi, con i suoni, con i colori, con il proprio corpo, con il cibo etc...in una continua interazione.
Per sottolineare maggiormente la necessità della comunicazione, del relazionare, abbiamo insieme riflettuto sulla condizione di un soggetto che ne è stato privato o che non ne gode appieno.
Si è parlato così dei prigionieri di guerra che vengono tenuti in isolamento per distruggerne la volontà e creare in loro una dipendenza assoluta: di esperimenti scientifici che hanno dimostrato che un soggetto dal più totale e prolungato isolamento potrebbe riportare danni cerebrali irreversibili.
Uno studente di 15 anni è intervenuto notando che anche il padre di Gertrude, la monaca di Monza, aveva usato la mancanza di comunicazione per sottomettere la volontà della figlia e, approfittando della sua conseguente dipendenza affettiva, farla entrare in convento per sempre.
Ho portato in classe delle illustrazioni prese da una rivista scientifica che rappresentavano come nel cervello di un neonato la crescita dei neuroni fosse condizionata e sollecitata da una buona relazione con l'ambiente intorno.
Alcuni studenti che avevano un fratellino o una sorellina di pochi mesi hanno riferito di aver osservato che i neonati smettevano di piangere a un tono rassicurante e che rispondevano con un sobbalzo a un urlo o a un rumore forte.
Ho avuto la tentazione di portare in classe un bambino di pochi mesi, perché tutti i ragazzi potessero vedere come è già in grado di relazionare e quanto lo può disturbare una cattiva relazione.
Ma poi non ho voluto "far pagare" a un neonato un prezzo così caro per la scienza e non se n'è fatto nulla.
Molto spesso in famiglia e a scuola sollecitiamo gli studenti ad accrescere il loro bagaglio di nozioni, aspetto molto importante, ma tendiamo più facilmente a parlare di oggetti materiali che non di emozioni e modi di essere
. Il problema del riconoscimento delle emozioni e dei sentimenti è molto più urgente di quanto si pensi.
Quando ho letto gli ultimi gravi episodi di violenza tra gli adolescenti, mi sono chiesta se i ragazzi coinvolti avessero avuto un'occasione favorevole per conoscere meglio le proprie emozioni, comunicare i propri disagi e saper formulare una chiara richiesta d'aiuto.
Non è facile saper chiedere aiuto!
Spesso una bassa autostima potrebbe esserne la causa
. I sentimenti e le emozioni non vanno tenuti in silenzio o rimossi perché allora sì che la loro azione potrebbe diventare molto pericolosa.
Negare le emozioni è inutile, resteranno nell'inconscio a fare danni.
Un bambino non nasce con la cosapevolezza e la conoscenza dei sentimenti, del loro manifestarsi e spesso potrebbe fraintendere quel che vede ma anche quel che prova.
In questi errori di interpretazione si annidano a volte problematiche destinate prima o poi a esplodere, anche dolorosamente, rendendo molto difficile l'apprendimento a scuola,il rapporto con gli altri e acuendo la difficoltà a sopportare anche le più piccole frustrazioni quotidiane.
Alcuni ragazzi sorpresi dalle nuove conoscenze acquisite sulle proprie emozioni, mi chiedevano se tutti, ma proprio tutti, le possedessero.
Quando ribadivo che tutti le possediamo, tiravano un respiro di sollievo dicendo: "anche se ho dei brutti voti a scuola il mio cervello è a posto, le mie risorse ci sono".
La scuola stava offrendo un'esperienza speciale, perché non avevo solo la conferma che un ragazzo, o potrei dire molti ragazzi, avevano avviato un riconoscimento delle proprie emozioni e dei propri sentimenti alla luce delle loro esperienze, ma offriva anche un approfondimento, una discussione di gruppo con il vantaggio di far conoscere anche l'interiorità altrui così simile alla propria.
Qualche studente non completamente soddisfatto dell'incontro di gruppo, ha espresso il desiderio di un colloquio individuale.
Gli è stato accordato nel modo più informale, come se l'incontro privato fosse un prolungamento di quello avvenuto a scuola.
I ragazzi hanno apprezzato questa forma, io non sono sempre favorevole allo sportello.
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